VECCHIAIA |
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Diario / LUNEDÌ 27 FEBBRAIO 2017 |
Padova, Sede regionale del Partito Democratico ![]() |
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La non-autosufficienza da vecchiaia non è merce da mettere in concorrenza Incontro di ascolto dei consiglieri veneti sulla riforma delle Ipab |
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![]() ![]() Non è un impegno di oggi. L'ultima occasione è stato un articolo del Collegato alla Legge di bilancio regionale per il 2017. Lo aveva così riassunto in quella occasione Claudio Sinigaglia: "Riteniamo che questo articolo non darà una mano alle Ipab, non risolverà nessuno dei problemi che si stanno trascinando da anni e che dipendono in larga parte dalla Regione. Abbiamo chiesto di stralciare per intero questo articolo per affrontare prima possibile la legge di riforma che è attesa dal 2000. Da anni parliamo di trattare questo argomento in maniera organica e invece ci troviamo di fronte ulteriore approccio superficiale e accentratore, lesivo dell'autonomia delle Ipab. Inoltre per quattro mesi durante la discussione sulla riforma sanitaria abbiamo chiesto di intervenire per aiutare le Ipab a uscire da una situazione di fragilità economica che si ripercuote sui soggetti più deboli. Dal 2009 le quote sanitarie regionali sono rimaste le stesse e il numero delle impegnative è molto inferiore rispetto ai posti letto accreditati; così le famiglie sono così costrette a pagare 1800-1900 euro al mese e, in mancanza di impegnativa, una cifra molto superiore. Le Fondazioni private hanno un'Irap più bassa, hanno un contratto meno oneroso per il personale: stanno sorgendo copiose nuove strutture private! Gli interventi della Regione sono dilatori, insufficienti e pericolosamente destrutturanti. Orientati, come qualche consigliere della maggioranza ha chiaramente affermato in aula, verso la privatizzazione delle Ipab. Forse sarebbe più corretto che la Regione lo affermasse con chiarezza, invece di traccheggiare con il rischi sempre più evidente di chiudere una secolare presenza degli istituti di assistenza della nostra Regione, ora Centri Servizi di riferimento per il territorio e per le nostre comunità". L'incontro di ascolto parte sostanzialmente da qui ed è proprio Claudio Sinigaglia a porre la griglia di approfondimento, in sostanza su due punti. Si tratta di scegliere la strada di mantenere le Ipab riformate in ambito strettamente pubblico con la nascita delle Aziende pubbliche si servizi alla persona: questo richiede una serie di interventi legislativi, fiscali e previdenziali per assicurare la parità di trattamento con gli operatori privati. L'altra strada è quella della depubblicizzazione delle Ipab, attraverso lo strumento delle Fondazioni: in questo caso le opzioni sono più di una, perché potrebbe essere scelta una privatizzazione spinta oppure una trasformazione della natura giuridica ma non di quella "sociale". L'altro punto è quello delle aggregazioni tra Ipab. La proposta di legge all'esame del consiglio indica la soglia di 120 assisti come minima per una Ipab. È già una spinta, ma come la si favorisce? E poi: perché proprio 120? Emerge infatti che nonostante le Ipab siano oggetto di attenzione legislativa (mai arrivata a buon fine in Veneto) da parte della maggioranza a componente o a trazione leghista in Regione, non esiste una banca dati aggiornata sulla materia. Sono effettivamente i due punti essenziali di approfondimento. Dall'ascolto ne emerge immediatamente un terzo, prioritario: se ci si ostina a mettere insieme nella stessa legge la riforma organizzativa delle Ipab con l'ammodernamento delle politiche regionali per la non autosufficienza da età difficilmente si arriverà ad una conclusione. Sono due obiettivi diversi, anche se urgenti nella stessa misura. Sicuramente occorre che finalmente il Veneto progetti, organizzi e finanzi un servizio adeguato alla diffusione quantitativa e qualitativa della non-autosufficienza da età. La materia è stata lasciata dal presidente Zaia e dalla sua maggioranza leghista quasi esclusivamente a carico delle famiglie. Nemmeno le timide previsioni di ospedalità di comunità e di centri di riabilitazione, pubblicizzati sulla carta, stanno arrivando alle famiglie perché bloccati dalla regione stessa, dopo che i Centri servizio per anziani hanno investito soldi e personale per prepararsi. E comunque anche questi annunci sono slegati da una visione complessiva delle politiche per gli anziani. Sicuramente occorre anche una riforma giuridica delle Ipab e non solo perché lo prevede da oltre 16 anni una legge nazionale, ma anche perché in questi 16 anni i mutamenti sia del mercato dei servizi sia delle necessità delle famiglie sono mutati. È proprio in considerazione di questi mutamenti che a me pare opportuno riscrivere completamente la proposta di legge; mi pare cioè rischioso continuare a seguire l'impianto normativo di una riforma scritta tre lustri fa. Il Partito Democratico potrebbe farsene carico, perché limitarsi a proporre emendamenti ad un testo legislativo vecchio può essere non solo insufficiente ma addirittura più pericoloso della situazione attuale. Nel merito della strada da seguire per la trasformazione giuridica, il punto di partenza deve essere la presa d'atto che nel mercato assistenziale oggi operano attori con diverse caratteristiche giuridiche e quindi con differenti obblighi contrattuali, previdenziali, di trasparenza, di responsabilità patrimoniale, di impostazione dei bilanci. Si tratta di un mercato in cui -particolarmente nella scorsa legislatura guidata dal presidente Luca Zaia - è stata favorita una concorrenza nell'offerta (non nella qualità), che ha portato al sorgere di nuove case di riposo lasciando posti vuoti in molte case storiche. Se la scelta è quella della concorrenza, la trasformazione giuridica deve mettere le attuali Ipab alla pari delle cooperative, delle fondazioni e delle aziende private; stesse regole per tutti. Oggi ad esempio l'onere delle maternità è a carico del bilancio aziendale per le Ipab, mentre è a carico dell'Inps per tutti gli altri. Non è una differenza da poco in settore a prevalente occupazione femminile. L'alternativa a questa strada è l'inserimento a pieno titolo delle Ipab nel sistema socio-sanitario pubblico: questo significa che per il raggiungimento dei propri obiettivi il sistema pubblico prima si avvale delle strutture del sistema e poi fa partecipare altri soggetti. In mezzo non si può più stare. Significherebbe far morire molte piccole Ipab quasi subito e mettere in agonia quelle che dalla beneficenza pubblica hanno avuto nei secoli un po' di patrimonio. |
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ve-106 14 marzo 2017 |
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