L'UMANITÀ

È tempo di mettere in pratica i propositi del confinamento
Anziani celebranti
e carrozzine come altare
nelle chiese domestiche

Puntuali e ripetuti gli insegnamenti di Papa Francesco per evitare
la clericalizzazione dei laici

di Tino Bedin

Siamo di nuovo assediati dalla pandemia. "Altri 5.724 casi registrati ieri su 133.084 tamponi, il massimo dei prelievi giornalieri effettuati finora tra screening e tracciamento", scrivono i giornali di oggi, domenica 11 ottobre. Forse l'assedio non è mai finito, ma molti presidenti di regione in questi mesi hanno invitato i loro cittadini a guardare altrove. "Nella seconda metà di settembre - fa notare proprio oggi l'infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli - solo il 30 per cento dei positivi era sintomatico, ora sta andando peggio: più infezioni ci sono più persone fragili vengono raggiunte e più ospedalizzazioni diventano necessarie". "I numeri stanno crescendo, neanche troppo lentamente e la percentuale dei positivi sui tamponi fatti ormai superiore a 3, ci dice che la situazione è delicata e merita la massima attenzione", richiama a sua volta Roberto Cauda, infettivologo del Gemelli di Roma.
Il professor Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute per la pandemia, scrive oggi su Avvenire: "Oggi viaggiamo sul filo del rasoio. Abbiamo fatto molto bene in primavera quando, primo Paese al mondo, siamo stati investiti da un'onda epidemica violenta e letale e abbiamo attuato misure coraggiose mai applicate precedentemente da alcun Paese democratico. (…) Sicuramente se entreremo in emergenza daremo ancora una volta il meglio di noi, ma stavolta sarebbe veramente il caso di trarre vantaggio dall'esperienza dei mesi primaverili".

Le esperienze delle Chiese del Nordest. A fare esperienza in quei mesi è stata anche la comunità dei credenti in Italia. La sospensione delle celebrazioni religiose, prima, e le limitazioni precauzionali alla partecipazione tuttora in corso hanno sollecitato l'approfondimento sulla natura essenziale della comunità cristiana. Ora la recrudescenza del Covd-19 e soprattutto la protezione, sollecitata e indispensabile, dei membri fragili della comunità sia civile che religiosa, potrebbero incentivare l'applicazione concreta di alcuni propositi maturati durante il confinamento.
All'inizio di maggio i vescovi del Nordest si erano incontrati in videoconferenza ed avevano tratto alcune conclusioni che ora potrebbero diventare il nucleo di un programma pastorale straordinario in questo autunno-inverno di "sopravvivenza da Covid 19". Nel comunicato conclusivo di quell'incontro i vescovi constatano la "mutata immagine e presenza di Chiesa che le comunità cristiane sono chiamate a vivere nei rispettivi territori, in un necessario e sostanziale ripensamento di orientamenti, priorità ed impegni pastorali essenziali. Anche il ministero del vescovo e del sacerdote e lo stesso profilo del cristiano laico richiedono infatti di essere, in qualche modo, ripensati e approfonditi alla luce degli avvenimenti odierni". I vescovi giudicano aspetti positivi della difficile condizione: "la richiesta e l'emergere più frequente di domande e di risposte di senso, la valorizzazione del sacerdozio battesimale di tutti i fedeli nonché della famiglia come piccola Chiesa domestica, i nuovi spazi e le ulteriori modalità per la preghiera e l'ascolto della Parola di Dio".
Aiutare le famiglie a realizzare forme di liturgia domestica, in cui i più anziani e i più fragili diventano i celebranti e la carrozzina o il letto si trasforma in altare: è questa, ad esempio, una bella sfida per i laici e per il clero. Non è detto che i laici siano disponibili, subito. È vero che il clericalismo attecchisce più facilmente nel clero, ma il laicato molto spesso preferisce che "facciano i preti".
Certo la responsabilità principale nell'educare e nel diseducare i laici è sempre dei ministri. Nel novembre del 2013 Papa Francesco si fa presente con un video-messaggio al pellegrinaggio messicano di Nostra Signora di Guadalupe e ai "suoi", cioè ai cattolici latino-americani ricorda: La tentazione del clericalismo, che tanto danno fa alla Chiesa in America Latina, è un ostacolo per lo sviluppo della maturità e della responsabilità cristiana di buona parte del laicato. Il clericalismo implica un atteggiamento autoreferenziale, un atteggiamento di gruppo, che impoverisce la proiezione verso l'incontro del Signore, che ci fa discepoli, e verso gli uomini che aspettano l'annuncio.

La riduzione allo "stato clericale". L'errore più pericoloso è la riduzione dei laici "allo stato clericale", cioè il "misurare" la loro "capacità ecclesiale" con lo stesso metro con cui si misurano i preti: insomma un bravo laico deve far bene le cose che fanno i preti. L'errore è pericoloso non solo perché distorce la natura della Chiesa, ma anche perché impoverisce la società, che viene privata dell'apporto originale di laici credenti sulle cose loro proprie, cioè sulla vita della comunità civile.
Papa Francesco definisce con precisione i contorni e i contenuti di questo atteggiamento nella lettera del 19 marzo 2016 al cardinale Marc Oullet, presidente della Pontificia Commissione per l'America latina. Si tratta di un testo che lo stesso pontefice considera una guida per evitare i rischi del clericalismo: l'ha successivamente citato più volte nelle sue valutazioni e nelle sue esortazioni in materia. Merita quindi riportarne due passaggi: li propongo non nello stesso ordine in cui sono stati scritti, perché la seconda citazione sintetizza efficacemente la descrizione generale.
Molte volte siamo caduti nella tentazione di pensare che il laico impegnato sia colui che lavora nelle opere della Chiesa e/o nelle cose della parrocchia o della diocesi, e abbiamo riflettuto poco su come accompagnare un battezzato nella sua vita pubblica e quotidiana; su come, nella sua attività quotidiana, con le responsabilità che ha, s'impegna come cristiano nella vita pubblica. Senza rendercene conto, abbiamo generato una élite laicale credendo che sono laici impegnati solo quelli che lavorano in cose "dei preti", e abbiamo dimenticato, trascurandolo, il credente che molte volte brucia la sua speranza nella lotta quotidiana per vivere la fede. Sono queste le situazioni che il clericalismo non può vedere, perché è più preoccupato a dominare spazi che a generare processi. Dobbiamo pertanto riconoscere che il laico per la sua realtà, per la sua identità, perché immerso nel cuore della vita sociale, pubblica e politica, perché partecipe di forme culturali che si generano costantemente, ha bisogno di nuove forme di organizzazione e di celebrazione della fede.
Il clericalismo porta a una omologazione del laicato; trattandolo come "mandatario" limita le diverse iniziative e sforzi e, oserei dire, le audacie necessarie per poter portare la Buona Novella del Vangelo a tutti gli ambiti dell'attività sociale e soprattutto politica
.

Clericali asintomatici e sintomatici. Il pericoloso errore di clericalizzare i laici non è un'esclusiva dei preti: molto spesso sono i laici stessi che condividono questa visione. Nel luglio di quest'anno la Congregazione per il clero ha pubblicato l'Istruzione "Conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa". Il documento è complesso e indica chiaramente che i laici non sono "surrogati dei preti". Invece i titoli con cui il documento è diventato notizia fanno apparire proprio "prestazionale" il compito dei laici. "Matrimonio in chiesa anche senza il prete. I sacerdoti sono sempre meno: il Vaticano ora consente ai laici di assistere alle nozze": ho scelto uno dei titoli di giornale, che è un po' la sintesi di una lettura clericale fatta da laici.
Papa Francesco conosce bene questo atteggiamento. Ne aveva parlato nel maggio del 2016 alle superiore generali nell'Aula Paolo VI, utilizzando un'immagine molto efficace: I laici non sanno che cosa fare, se non domandano al prete… (…) Il clericalismo è un atteggiamento negativo. Ed è complice, perché si fa in due, come il Tango che si balla in due… Cioè: il sacerdote che vuole clericalizzare il laico, la laica, il religioso e la religiosa, il laico che chiede per favore di essere clericalizzato, perché è più comodo.
Il "contagio" clericalista è così diffuso tra i laici che spesso non se ne accorgono e diventa "asintomatico". Ad esempio, non si sentono clericali i laici che spontaneamente tendono a delegare ai pastori responsabilità e ministeri che il battesimo attribuisce invece proprio a loro. Così come sono in gran parte clericali asintomatici i molti laici che per sentirsi valorizzati nella Chiesa tendono a "clericalizzarsi", cioè a copiare i ministri ordinati.
Ci sono anche clericali sintomatici tra i laici: non sono affatto in quarantena; al contrario si mostrano, parlano, abbracciano, baciano rosari e statuine. Il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, all'inizio dello scorso anno li ha fotografati così: "Il potere politico oggi ha anche ambizioni teologiche. Pure il crocifisso è usato come segno dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto a quello che eravamo abituati: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio, a volte pure con la complicità dei chierici".
Il contagio non è solo italiano. In tutta Europa ci sono forze politiche, che impugnando crocifisso e rosario tentato di "privatizzare la Chiesa per il proprio gruppo, la propria nazionale e i propri amici", come fin dal 2013 Papa Francesco aveva avvertito nel corso di un'udienza generale.

11 ottobre 2020

um-041
12 ottobre 2020
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Tino Bedin