L'UMANITÀ

Le cure palliative per i malati terminali di Covid-19
La dura carità
di accompagnare alla morte

In questa Pasqua, come le Pie Donne del Vangelo che non fuggono dalla realtà della morte, del dolore della paura

di Tino Bedin

Sarà Pasqua. Questa è la domenica in cui la celebriamo, ma continueremo ad aspettarla. Ci manca la festa, mentre il bollettino mondiale del coronavirus allunga sulla Terra l'ombra della paura per la malattia sconosciuta e ammutolisce decine di migliaia di famiglie in lutti senza funerale.
Sarà Pasqua: lo sappiamo. Stanotte, alla santa messa della Veglia pasquale Papa Francesco ha fatto memoria di questa certezza.
La tomba è il luogo dove chi entra non esce. Ma Gesù è uscito per noi, è risorto per noi, per portare vita dove c'era morte, per avviare una storia nuova dove era stata messa una pietra sopra. Lui, che ha ribaltato il masso all'ingresso della tomba, può rimuovere i macigni che sigillano il cuore. Perciò non cediamo alla rassegnazione, non mettiamo una pietra sopra la speranza.
Intanto siamo simili alle donne del Vangelo di cui Papa Francesco ha parlato all'inizio della sua omelia.
"Dopo il sabato" (Mt 28,1) le donne andarono alla tomba. È iniziato così il Vangelo di questa Veglia santa, con il sabato. È il giorno del Triduo pasquale che più trascuriamo, presi dalla fremente attesa di passare dalla croce del venerdì all'alleluia della domenica. Quest'anno, però, avvertiamo più che mai il sabato santo, il giorno del grande silenzio. Possiamo specchiarci nei sentimenti delle donne in quel giorno. Come noi, avevano negli occhi il dramma della sofferenza, di una tragedia inattesa accaduta troppo in fretta. Avevano visto la morte e avevano la morte nel cuore. Al dolore si accompagnava la paura: avrebbero fatto anche loro la stessa fine del Maestro? E poi i timori per il futuro, tutto da ricostruire. La memoria ferita, la speranza soffocata. Per loro era l'ora più buia, come per noi.

L'informazione ferma sulla soglia. Morte, dolore, paura: i bollettini regionali, nazionali e mondiali del Covid-19 alimentano quotidianamente questi sentimenti in milioni di persone. Dietro i numeri ci sono storie di cui l'informazione si impossessa, molte volte senza pudore, senza pietà né per i vivi né per i morti. È un'informazione che utilizza la paura e la morte per se stessa, senza riguardi per la comunità. È un'informazione - ad esempio - che per settimane e settimane ha ignorato le inadeguate risposte delle regioni del Nord agli anziani residenti nelle case di riposo e che ora, quando è impossibile non dare voce anche a questi anziani, si ferma sulla soglia della statistica. Intanto dentro le case di riposo vivono combattono soffrono anziani, personale, amministratori; sembrano loro la colpa di tutto: i vecchi per essere troppo vecchi e malandati, chi li assiste per non essere capace di salvarli (cosa che non riesce neppure agli ospedali).
Fermi sulla soglia: cronisti e commentatori si sono accorti che il coronavirus era una strage di persone quando hanno visto il corteo funebre di camion militari portare centinaia di bare lontano da Bergamo.
Fermi sulla soglia: cronisti e commentatori non si sono ancora addentrati nella sofferenza che il Covid-19 provoca.

Un'ordinanza da Venerdì Santo. L'altro ieri, era il Venerdì Santo, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha emanato un'ordinanza con cui ha disposto una serie di misure, previste dalla legislazione nazionale, per garantire il diritto alla sedazione profonda per i pazienti terminali colpiti del Covid-19, anche se si trovano a casa o nelle residenze sanitarie assistenziali. L'ordinanza della Toscana mette in condizione anche i medici di famiglia di disporre le cure palliative: "Considerato che il compito della medicina generale è anche la gestione dei pazienti affetti da Sars-Cov2, in fase terminale, per i quali è opportuno proporre, ove possibile, la gestione nel proprio domicilio, nel rispetto della dignità e dell'autodeterminazione della persona, supportando le cure disponibili nel territorio con l'attivazione delle cure palliative domiciliari".
L'ordinanza non è nata da un'esigenza burocratica, ma da condizioni di vita drammatiche: "La morte per Coronavirus è terribile. I medici dicono che si soffre moltissimo, come si vivesse un annegamento prolungato nel tempo", ha scritto il governatore Enrico Rossi.
Un lento soffocamento che porta alla morte: questo un malato terminale di polmonite da coronavirus proverebbe se non fosse sedato. "Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì, lemà sabactàni?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". (…) Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito": è il Venerdì Santo sul Golgota. "I pazienti sono in totale isolamento per cui la carenza emotiva la si nota subito, Per loro avere una persona cara accanto sarebbe ancora più importante, perché chi li segue da anni conosce un alfabeto non verbale con cui riesce a comunicare. Soffrono tremendamente la solitudine, la sensazione di morte imminente in alcuni casi che innesca angoscia profonda. Emerge in loro a volte un senso di colpa vero e proprio per aver contratto il virus": è il Venerdì Santo in migliaia di letti d'ospedale e di residenze assistenziali diventati il Monte Calvario di questa Passione mondiale.
Fermi sulla soglia: cronisti e commentatori non hanno fatto diventare il dolore fisico, il suo mistero e le sue domande etiche un tema delle loro parole. Fuori dalla Toscana la notizia dell'ordinanza non è rimbalzata nell'informazione nazionale.

La scelta della Francia. La scelta del presidente toscano Enrico Rossi merita invece una consapevolezza diffusa.
Innanzi tutto non è solo una scelta della Regione Toscana. "In Francia il governo ha concesso per decreto, il 28 marzo, l'uso del Rivotril anche a domicilio e nelle case di riposo, non più solo negli ospedali. Il Rivotril è un farmaco contro l'epilessia usato anche nelle terapie palliative per malati ormai in fin di vita nella sedazione cosiddetta "terminale", che toglie cioè i sintomi più angosciosi (il dolore e, nel caso del coronavirus, la "fame di aria" che si scatena insostenibile quando la morte è prossima) accompagnando alla morte nel sonno e senza sofferenza. La sua somministrazione però è stata sinora limitata all'ambito ospedaliero, per garantirne il pieno controllo da parte di medici competenti". Ne ha riferito il 9 aprile il quotidiano Avvenire, forse l'unico organo di informazione che sta accompagnando la pestilenza anche con notizie e opinioni sulla vita e sulla morte.
In Italia, ed è un'altra notizia su cui avere opinioni, il 3 aprile in Italia la Società italiana di cure pallative-Sicp, la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva-Siaarti e la Federazione cure palliative-Fcp hanno pubblicato un Position Paper congiunto dal titolo "Le Cure Palliative nel trattamento dei malati COVID-19/SARS- CoV-2" che parte dalla descrizione dei sintomi della malattia e dalla grave sofferenza che genera: "Nella CoViD-19/SARS-CoV-2 l'insufficienza respiratoria da polmonite interstiziale genera, in molti malati, un'intensa dispnea associata a tosse resistente e ingombro secretorio tracheo-bronchiale che può portare alla sensazione di soffocamento. Il quadro clinico nelle forme più gravi o terminali di CoViD-19/SARS-CoV-2 è completato da: ipertermia severa resistente al trattamento, profonda astenia, artro-mialgie, angoscia e sensazione di morte imminente, confusione mentale con agitazione psicomotoria". Il Paper ha come riferimento la legge 38/2010 "Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore", che da dieci anni indicana come la medicina si possa e debba far carico della sofferenza globale - fisica, psicoemotiva e spirituale - di una persona.
Proprio il coinvolgimento globale della persona chiama in causa immediatamente la visione della vita, di cui la morte è una componente e non l'alternativa. Se ne fa carico ancora Avvenire che a completamento dell'informazione sulla decisione francese ha raccolto le valutazioni di mons. Renzo Pegoraro, prete diocesano di Padova, cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita. Dopo aver ricordato che la sedazione terminale "è ammissibile nelle terapie palliative solo per pazienti la cui situazione sia ormai irrimediabilmente compromessa", il cancelliere valuta la situazione attuale: "Nei casi di coronavirus la sedazione può intervenire per prevenire la morte per soffocamento, ma esclusivamente nei casi in cui la morte sia ormai prossima. La valutazione va fatta caso per caso, sempre garantendo la piena dignità del paziente al quale, quando ormai non c'è più nulla da fare, vanno risparmiate sofferenze inutili, ma senza l'intenzione di accorciarne la vita. È sempre una questione di proporzionalità delle cure, cercando il bene del malato nel suo complesso. E il caso di ogni persona è diverso da qualunque altro".

L'emozione che opprime. Fare dell'accompagnamento alla morte un duro atto di carità: personalizzato, personalizzante; rasserenante non solo per i malati terminali, ma anche per chi li assiste.
All'inizio della settimana Roberto Volpe, presidente di Uripa (il coordinamento veneto delle strutture per anziani fragili) ha diffuso una nota di Roberto Borin e Marco Trabucchi, componenti dell'Associazione italiana di Psicogeriatria, nella quale - come sottolinea Volpe - i due esperti "hanno saputo cogliere, a dispetto di chi dovrebbe farlo per mestiere, l'attenzione al nostro personale in modo profondo mettendone a nudo gli aspetti umani e affettivi che possono generarsi in questa drammatica situazione".
La riflessione del prof. Trabucchi e del dr. Borin è rivolta ai medici delle strutture per anziani e sostiene la necessità del "controllo di una sintomatologia respiratoria che induce terribili sofferenze nel paziente e angosce in chi lo assiste".
"Non spetta a noi - scrivono - un giudizio sulle ricadute etiche di questi provvedimenti, ma è acclarato che non vi possono essere dubbi deontologici, morali o religiosi rispetto adozione dell'approccio palliativo agli ospiti delle residenze per anziani in fase terminale. Ci permettiamo di sottolineare che una guida sicura da parte medica è importantissima, per evitare gravi ricadute sul personale di assistenza esposto a situazioni emotivamente molto pesanti. Invece, il garantire una morte "tranquilla" dell'ospite darebbe all'equipe la sensazione di essere in controllo della situazione, sotto la guida sicura dei rispettivi medici. Ricordiamo che, con il blocco dell'accesso dei parenti alle residenze, in molte occasioni si è caricata di fatto sul personale anche una responsabilità sociale e affettiva. L'accompagnamento alla morte è uno di questi compiti che vengono sempre onorati con generosità; è però doveroso evitare di caricarli di inutili ulteriori gravami".
Persone - i medici, gli infermieri, gli assistenti, gli amministratori delle case di riposo - che fanno Pasqua rinnovando il gesto delle pie donne di cui Papa Francesco ha tessuto le lodi nell'omelia della Veglia pasquale: "In questa situazione le donne non si lasciano paralizzare. Non cedono alle forze oscure del lamento e del rimpianto, non si rinchiudono nel pessimismo, non fuggono dalla realtà. Compiono qualcosa di semplice e straordinario: nelle loro case preparano i profumi per il corpo di Gesù. Non rinunciano all'amore: nel buio del cuore accendono la misericordia".

12 aprile 2020

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26 aprile 2020
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Tino Bedin