TINO BEDIN:  LA POLITICA OPEROSA

MERCOLEDÌ 6 AGOSTO 2014

Nella prima domenica d'agosto del 1978
Per i disoccupati l'ultima parola di Paolo VI
L'Angelus scritto per la domenica in cui morì
   Il 6 agosto 1978 era domenica, impreziosita dalla festa liturgica della Trasfigurazione del Signore.
Era già un anno tragico, quello del sequestro di Aldo Moro e dell'assassinio della sua scorta. Poi l'assassinio di Moro, il 9 maggio. In quei terribili giorni Papa Paolo VI ci aveva accompagnato, condividendo dolore, preghiera invocazione. La drammatica lettera del 21 aprile gli "uomini delle Brigate rosse continuava a risuonarci dentro, anche a tragedia compiuta, come una via profetica verso il futuro, con il primato della persona e - non secondario - il progresso sociale messo a rischio dalla violenza.
Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l'onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d'avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente… Vi prego in ginocchio, liberate l'onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza, d'un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore.
In questa festa della Trasfigurazione, con la quale aveva datato la sua prima enciclica "Ecclesiam suam", Papa Paolo VI è a Castel Gandolfo. Non sapevamo molto della sua salute, per cui la sua morte avvenuta in quella domenica alle 21.40 a causa di un edema polmonare, ci apparve come una morte improvvisa. Eppure ci aveva "preavvertiti" il 29 giugno, quando aveva sottolineato "il particolare significato che riveste per noi questo XV anniversario della nostra elezione al Sommo Pontificato, quando, dopo il compimento dell'80° genetliaco, il corso naturale della nostra vita volge al tramonto".
Quella domenica del resto il Papa avrebbe dovuto affacciarsi al cortile interno della villa pontificia per la recita dell'Angelus, ma la finestra del palazzo era rimasta chiusa. Paolo VI - secondo il suo stile - aveva però lavorato fino all'ultimo, come se quella finestra potesse aprirsi. L'annuncio della morte da parte della Sala Stampa del Vaticano era infatti accompagnato da un discorso: "Diamo qui di seguito il testo del discorso, preparato per l'"Angelus", che Paolo VI non ha potuto pronunciare, come era suo desiderio, alla presenza dei pellegrini a Castel Gandolfo, a causa della malattia. Il Papa è entrato nella pace del Signore alle 21,40 di oggi, domenica 6 agosto, Trasfigurazione del Signore".
Non mi stupì allora, essendo cresciuto nel suo Magistero, ma continua a farmi impressione ancor oggi - dopo 36 anni - che consapevolmente le ultime parole di Paolo VI siano state dedicate alle sofferenze sociali. Le rileggo.
Auguriamo a voi tutti, qui presenti, e a quanti possono godere di una pausa ristoratrice in questo periodo di ferie, di trasformarle in occasione di maturazione spirituale.
Ma anche questa domenica non possiamo dimenticare quanti soffrono per le particolari condizioni in cui si trovano, né possono unirsi a chi invece gode il pur meritato riposo. Vogliamo dire: i disoccupati, che non riescono a provvedere alle crescenti necessità dei loro cari con un lavoro adeguato alla loro preparazione e capacità; gli affamati, la cui schiera aumenta giornalmente in proporzioni paurose; e tutti coloro, in generale, che stentano a trovare una sistemazione soddisfacente nella vita economica e sociale.

Il "progresso sociale", di cui ci aveva condiviso le componenti di attualità e mondialità nell'enciclica "Populorum progressio", è una delle lezioni di Paolo VI di cui oggi abbiamo bisogno di andare a… ripetizione. Lo annoto in questo giorno di anniversario della sua morte.

sommario

tb-124
17 agosto 2014
scrivi al senatore
Tino Bedin