TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 61 /29 agosto 2002
Nell'allargamento dell'Unione non contano solo i "parametri"

Un confronto sui valori con i nuovi popoli europei
La diocesi di Padova, l'Europa, le Chiese e l'augurio di Giovanni Paolo II ai suoi connazionali polacchi

di Tino Bedin

Ogni giorno ormai ha la sua Europa. Per i conti italiani che non tornano, per le assicurazioni delle auto, per le statistiche sull'inflazione: l'Europa si fa presente o è invocata o è esorcizzata. Questa settimana, per la seconda volta nel giro di pochi mesi, anche la Chiesa padovana propone l'Europa come tema di riflessione. A tema, in questo caso, non è l'Europa intesa e vissuta come la via più efficiente per raggiungere obiettivi economici o politici. La ricerca è piuttosto sulla comunità di valori che sorregge la comunità economica o che dovrebbe farlo.
La riflessione di sabato e domenica all'Openfield di Camporovere (sull'Altopiano di Asiago) non è una singolarità della diocesi di Padova. Accanto all'agenda economica, l'Unione Europea ha infatti aperta un'agenda costituzionale, di cui è protagonista la Convenzione incaricata di riscrivere i Trattati ma le cui date e contenuti sono scritti da molti altri soggetti europei, persone e istituzioni e comunità.

Da Cracovia. La più recente di queste pagine è stata scritta da Giovanni Paolo II lunedì 19 agosto, durante la cerimonia di congedo dai suoi connazionali polacchi all'aeroporto di Cracovia-Balice. Fra i "mandati" che egli ha lasciato al suo popolo c'è appunto l'Europa: "Lo spirito di misericordia, di fraterna solidarietà, di concordia e di autentica attenzione al bene della patria regni tra di voi. Spero che coltivando tutti questi valori la società polacca, che da secoli appartiene all'Europa, troverà una collocazione appropriata nelle strutture della Comunità Europea. E non solo non perderà la propria identità, ma arricchirà la sua tradizione, quella del Continente e di tutto il mondo".
Questo "mandato" di Giovanni Paolo II è certamente importante per i polacchi. Sono stato qualche settimana fa a Varsavia per un dialogo tra Parlamento polacco e Parlamento italiano sul tema dell'allargamento dell'Unione. Vi avevo registrato voci certo minoritarie ma non isolate di resistenza all'Europa, motivata non da ragioni economiche ma proprio dai "valori" della società polacca. A queste paure il Papa ha risposto da Cracovia mostrando quale è il senso vero dell'allargamento che l'Unione vedrà ragionevolmente realizzato entro il prossimo anno.
Quello che si sta preparando non è semplicemente il quinto allargamento della storia europea; si prepara la prima unificazione del continente. L'Unione accoglie popoli e territori che hanno nei secoli contribuito ad una sola area non solo geografica, ma anche culturale e religiosa. Il verbo "accogliere" è stato usato a metà luglio a Camaldoli dal presidente Romano Prodi: esprime compiutamente l'idea che ciascuno dei popoli che formeranno l'Europa Unita vi porterà - come spera Giovanni Paolo II - la propria identità e vi si arricchirà di altre identità.

La Carta dei diritti di Nizza. In questo senso le parole di Cracovia sono anche un "mandato" per l'Unione Europea. C'è stato negli ultimi tempi chi - anche in Italia, anche nel parlamento italiano - ha tentato di strumentalizzare il richiamo che sul finire del 2000 Giovanni Paolo aveva espresso sulla necessità che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione contenga un esplicito richiamo ai valori religiosi.
Ora i lavori della Convenzione, paralleli al processo di "accoglienza" nei confronti dei paesi candidati all'Unione, non possono che dare una risposta anche a quel richiamo del Papa. Con i paesi dell'Est europeo ci deve essere non solo una verifica degli standard comunitari, ma anche un dibattito sui valori che intendiamo condividere.
I valori che la storia religiosa dell'Europa esprime includono la centralità dell'essere umano, la promozione della pace e la riconciliazione, la libertà e la giustizia, la solidarietà e la sostenibilità, la tolleranza, la democrazia, i diritti umani, il ruolo della legge, il rispetto delle minoranze. Sono i valori che l'Unione Europea si sta impegnando a realizzare per sé e anche al di fuori di sé. Se la Convenzione europea arriverà a scrivere una "Costituzione", non potrà che codificarli in un preambolo alla Carta dei diritti fondamentali.

Già nel Trattato di Amsterdam. C'è un punto di ulteriore riflessione che l'Europa deve fare, anche con l'apporto dei popoli candidati: le libertà di pensiero, coscienza e religione sono essenziali certo a livello individuale, ma anche a livello istituzionale. Ciò esige che nell'ambito della dimensione orizzontale della sussidiarietà la futura costituzione preveda un dialogo strutturato tra l'Unione Europea e la varietà delle comunità. Dentro questo dialogo va riconosciuta la specificità delle chiese e delle comunità religiose, per l'ampiezza dei campi e degli interessi che rappresentano.
Si tratterà, anche in questo caso, di far tesoro dell'esperienza dei singoli popoli, esperienza che l'Unione ha già riconosciuta in una delle Dichiarazioni allegate al Trattato di Amsterdam. Con questo atto "l'Unione Europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri". Il passo successivo sarà inserire questa dichiarazione nella futura Costituzione dell'Unione.

Tino Bedin

Padova, 29 agosto 2002

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30 agosto 2002
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