TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 60 /4 agosto 2002
Si è visto che non c'è un governo strategico dell'Italia, ma che c'è l'Ulivo

Nella settimana della legalità
abbiamo portato il Senato tra i cittadini
Non è stato possibile "nascondere" la legge sul legittimo sospetto; basta questo a dare valore ad una bella battaglia

di Tino Bedin

Si conclude una settimana di strenua difesa della legalità: in Senato, ma non solo; sulla legge SalvaPreviti, ma non solo.
La difesa della legalità è andata oltre l'Aula di Palazzo Madama; è stata vissuta a Piazza Navona; si è arricchita a tal punto che ha eretto un muro a Montecitorio. Oggi, pur essendo domenica, il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, è intervenuto ufficialmente per dire ai forzaitalioti e per rassicurare gli italiani: lui il regolamento della Camera dei deputati lo rispetterà. L'avrebbe rispettato in ogni caso, ma la settimana della legalità gli ha certamente dato più forza.

Doppia fiducia su un decreto legge. È stata una settimana intera, che non si è conclusa giovedì sera all'ora dei tg, ma è continuata venerdì con gli interventi sul "decreto omnibus". Sul provvedimento il governo ha posto la fiducia, dopo che la maggioranza aveva fatto mancare per quattro volte il numero legale e aveva quindi fatto rinviare la discussione, non perché i senatori delle Destre avessero qualche interesse per i contenuti del decreto, ma perché volevano far cambiare il calendario dei lavori dell'Aula del Senato, in funzione della legge sul legittimo sospetto.
Come attacco alle norme democratiche, non è da meno della legge SalvaPreviti questo comportamento combinato del governo e della sua maggioranza . Le "luci" dell'informazione si sono accese - a proposito di questo voto - solo sull'aggressione che ha subita proprio durante questo dibattito il capogruppo di Margherita-L'Ulivo. Ma più rilevante sarebbe stato far ascoltare il non lungo, ma drammatico intervento di Giulio Andreotti.
Fare un decreto che contiene di tutto, perfino al riforma del Coni, poi porre su di esso la fiducia in entrambi i rami del Parlamento, significa impedire agli eletti dai cittadini di avere una qualsiasi funzione, non dico legislativa, ma neppure emendativa. Il voto di fiducia viene usato contro l'opposizione, ma anche contro la maggioranza: e non perché essa indisciplinata, semplicemente perché è inutile che parli.

Non sono stati più bravi di noi. Abbiamo perso alla fine di questa settimana? La legge SalvaPreviti va alla Camera; il decreto Omnibus è diventato legge. Era nella logica dei numeri. È nella logica di una maggioranza parlamentare ampia. Noi dell'Ulivo lo sapevamo e lo sappiamo.
Ma i condottieri della maggioranza non ne erano proprio convinti e hanno preteso di fregarci, come ha detto il capogruppo di Forzaitalia Schifani. Fregati e in mutande, come ci ha dipinti, questa volta nell'Aula del Senato, quell'altro professore di diritto che è il capogruppo di un partito che usurpa il nome di democristiano e che si chiama D'Onofrio.
Ma non ci hanno fregati, non sono stati più bravi di noi. Per sconfiggere l'Ulivo non gli sono bastati i numeri. Hanno dovuto ricorrere ad un altro giocatore in partita.
Noi sapevamo che la nostra partita era difficile perché avevamo già sperimentato come la massima istituzione del Senato potesse assomigliare all'arbitro Moreno di Italia-Corea. Era successo con la legge sulle rogatorie. Lo sapevamo e ci siamo attrezzati per questo. Quello che non potevamo prevedere era che ad un certo punto l'arbitro si mettesse a giocare. Questo ci ha un po' spiazzato, verso la fine, ma intanto noi la nostra partita l'avevamo vinta.
Hanno perso quelli che avevano fatto conto che questo disegno di legge Cirami passasse quando agosto era cominciato e mentre era in funzione una sola Camera parlamentare: pensavano che, assieme ai deputati, anche metà dell'attenzione generale fosse in vacanza.
Hanno perso quelli che avevano fatto conto che sentendo parlare di decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, codice di procedura penale, richiamo a leggi delega e a sentenze della Corte costituzionale, gli italiani non avrebbero avuto gran voglia di seguire questa vicenda.

La consapevolezza degli italiani. La battaglia dell'Ulivo ha fatto tutti gli italiani consapevoli. Nessuno che faccia politica, direttamente in Parlamento o indirettamente sulla stampa, ha potuto tirarsi indietro. Contro questa legge non ha votato solo l'Ulivo, non ha votato solo Rifondazione. Hanno votato contro anche gruppi formalmente non schierati e singoli senatori che misurano il loro voto di volta in volta. Il Gruppo delle Autonomie, cui appartiene anche Andreotti, ha dichiarato il voto contrario, senza distinguo.
E venerdì mattina proprio il senatore a vita Andreotti - come ho ricordato - è stato durissimo in un intervento che criticava il ricorso al voto di fiducia. È indirizzato a Pera; ve ne trascrivo un brano.
"Lei, signor Presidente, durante la cerimonia del Ventaglio ci ha consegnato un saggio molto importante di storia del Senato, il saggio di Emilio Gentile contenuto nel primo volume della collana "Storia e Documenti dell'Archivio storico del Senato" - del quale la ringrazio - che fornisce anche delle risposte sul ruolo svolto dal Senato del Regno per impedire lo scivolamento verso la dittatura. Si vede che ha fatto pochissimo. Con questo non intendo fare il processo alle intenzioni né fare delle insinuazioni, però se si comincia - come è accaduto alcuni anni fa - a confondere il dialogo parlamentare con il parlamentarismo ed il confronto di tesi anche opposte con il cosiddetto consociativismo, attenzione, perché lo scivolo può essere, indipendentemente dalla volontà degli uomini, fatale. E noi non possiamo permetterlo alla nostra Nazione".
E i direttori e i commentatori politici dei maggiori quotidiani sono intervenuti prima del voto: per chiedere moderazione, ma soprattutto per segnalare i rischi di incomprensione da parte dell'opinione pubblica. Ferruccio De Bortoli ha aggiunto: "E che il tasso di legalità si abbassi ogni volta che una legge dà l'impressione di essere stata fatta a uso immediato di qualcuno e non di tutti è, purtroppo, un'altra amara verità". Il direttore del Corriere della Sera ha ricevuto in risposta una querela di due avvocati di Berlusconi che sono anche deputati e membri, uno è presidente, della Commissione Giustizia della Camera, proprio la commissione che dovrà adesso esaminare la legge sul legittimo sospetto.

L'alto costo di un voto imposto. Proprio perché si rendevano conto stavano perdendo la battaglia della… disattenzione pubblica, non hanno voluto la diretta televisiva del dibattito. Per questo hanno respinto la richiesta che "La 7" ha fatto di assicurare il servizio che la Rai non dava ed hanno ceduto solo alla fine, concedendo che fossero trasmesse le dichiarazioni di voto.
È bastato, credo, agli italiani. Di sicuro è bastato ai giudici membri del Consiglio superiore della Magistratura: hanno eletto Virgilio Rognoni, uno dei tre componenti indicati dall'Ulivo. E lo hanno votato tutti, all'unanimità.
Se per la prima volta nella storia repubblicana il governo non si sente rappresentato dal vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, chi si è fregato - per restare al vocabolario di Schifani - con le sue mani?
Adesso hanno un presidente del Senato sotto tutela, che ha bisogno dell'autorevolezza di Ciampi per continuare - se ce la farà - il suo ruolo. Chi si è fregato con le sue mani?
E adesso che cosa ne farà Berlusconi di questa legge che a tutti i costi ha voluto far approvare dal Senato?
Imporrà la stessa procedura anche alla Camera? Con il rischio che il malumore dell'opinione pubblica non schierata sia per altre settimana sempre più stretta dal dubbio che Berlusconi è bravo a fare i suoi interessi, ma non gli interessi della gente?
E anche se la norma passasse tale e quale e diventasse legge, che gli gioverà utilizzarla? Darà ragione ai critici? Lo stesso Cossiga proprio ieri lo ha invitato a non servirsene. Ma se non lo farà, a cosa gli sarà servita questa ulteriore perdita d'immagine? Non verrà letta come una ritirata, dopo una inutile prova di forza?

Sono venuti a sostenere i senatori dell'Ulivo. Prova di forza che magari poteva essere giustificata per altri temi, anche più discutibili di questo per quanto riguarda i contenuti, ma che i cittadini ormai si aspettano siano affrontati.
Penso alla scuola, alla riforma fiscale, al mercato del lavoro, con dentro il ritocco all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Tutti temi urgenti a sentire il governo; temi per i quali hanno impegnato a lungo il parlamento o le parti sociali. Temi spariti dall'agenda di luglio. Possono attendere.
E così, mentre dimostravano che non c'è un governo strategico dell'Italia, Berlusconi e la sua maggioranza in questa settimana hanno confermato che l'Ulivo c'è.
La gente che spontaneamente è venuta davanti al Senato a darci calore, forza, ragione in più per non cedere di un millimetro ha sostenuto i senatori dell'Ulivo, non i senatori di questo o quel partito. Era - lo annoto per inciso - gente pacifica, che ha reso facilissima la vita ai poliziotti che con zelo forse eccessivo sono stati mandati a fare il girotondo di Palazzo Madama.
Ed in effetti in Commissione ed in Aula il lavoro dell'Ulivo è stato comune, non solo nel senso della comune opposizione, ma nella costruzione della proposta alternativa, nel consolidamento di un lavoro di squadra. Non ci si è solo divisi i compiti, si è scelto di parlare ad una sola voce; anzi è stato spontaneo farlo.

I pensieri che uniscono la società italiana. Quello che abbiamo vissuto in questa settimana al Senato è un Ulivo che ha scelto di essere una autentica coalizione e che lo è diventato non chiudendosi, ma proprio perché si rapportava con la società e con altre forze dentro e fuori del Senato.
Ci sarà utile a settembre, se rinunceremo al bisogno di sapere a tutti i costi chi sia il leader; se sentiremo invece il bisogno di sapere le molte cose che uniscono l'Ulivo e soprattutto che uniscono la società italiana.
Il rispetto per la vita, ad esempio, è una dei pensieri che uniscono la società, sia che si tratti di vita personale che di vita condivisa.
Questo è un governo che fa male alla salute. Le norme sull'elettrosmog approvate venerdì ne sono un esempio. Avranno conseguenze anche sul nostro territorio, sul territorio della provincia di Padova. Abano ha ospitato recentemente un ampio confronto su questo tema, che non è né di destra né di sinistra: è una delle ragioni per cui la gente si interessa della cosa pubblica.
Anche di salute hanno voglia di discutere i cittadini: dopo che sono riapparsi i ticket; dopo che si è riaffacciata l'idea delle mutue per le condizioni più difficili (l'età e l'invalidità) della vita; ora che c'è una stangata sulle medicine per i malati cronici contenuta nel decreto Omnibus, di cui non si è potuto proprio parlare venerdì scorso in Senato.
E poi c'è il lavoro che è parte costitutiva della vita e della sua qualità. Sono uscite nelle ultime settimane le osservazioni che la Pastorale sociale e del Lavoro aveva fatte a Marco Biagi e al suo progetto di mercato del lavoro. Preti e vescovi hanno detto al cattolico Biagi che non tutto è mercato. Lo possiamo dire anche con le parole della politica; lo dobbiamo dire attraverso le leggi.

La pace avrà bisogno dell'Ulivo. Ciascuno di voi, cari amici, può continuare la lista. Ci aggiungo la pace, in questa domenica del Perdon d'Assisi, che ci riporta a san Francesco. L'aggiungo perché è di attualità e temo sarà uno dei drammi prossimi in cui gli italiani avranno bisogno dell'Ulivo. C'è l'Iraq all'orizzonte. Ci sono gli Usa che parlano prima ancora delle Nazioni Unite. C'è il ministro Martino che dice che andremo in guerra inevitabilmente anche noi italiani. Ma gli italiani non vogliono una nuova guerra, perché non la capiscono. Spero che non ce ne sia bisogno, ma se ci fosse richiesto, l'Ulivo sarà chiamato a "fare la sua parte", non secondo la ragion di stato, ma secondo la ragione.
Sono i temi sui quali far politica. E non per contrapposizione a Berlusconi (che pure continueremo), ma per continuare a segnalare a noi e agli italiani che c'è anche un altro modo di intendere la società, la vita, il mondo, il presente e il futuro.

Tino Bedin

Padova, 4 agosto 2002

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5 agosto 2002
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