Il dramma De Ponte. Quattro anni fa Molon sparava al docente di Fisica che ora versa in stato vegetativo all'Oic È in coma, per l'Usl costa troppo L'azienda ha contestato ai familiari l'eccessivo consumo di garze
"Qui parla l'Usl. Volevamo comunicarle che suo marito spende troppi soldi in garze per le piaghe da decubito". Paola Costantini De Ponte non credeva alle proprie orecchie quando ha ricevuto la telefonata della dottoressa incaricata dall'azienda sanitaria di tenere i rapporti con le case di riposo e di controllare i conti. Suo marito il professor Francesco De Ponte è in coma irreversibile dal 5 marzo del 1999. Venne colpito da un colpo di pistola sparato dal tecnico di laboratorio Mariano Molon durante una riunione nel dipartimento di Fisica tecnica che De Ponte dirigeva. In quella sparatoria perse la vita Walter Maccato. Per De Ponte iniziò un calvario senza fine: un mese e mezzo in rianimazione, una settimana in Neurochirurgia, e poi in giro per i reparti di Neuroriabilitazione del Veneto. Infine il ricovero a pagamento, oltre tre milioni di lire al mese, nella residenza Santa Chiara dell'Opera Immacolata Concezione della Mandria. Una casa di riposo che, pur non essendo attrezzata per i pazienti in coma irreversibile, ha accettato di farsi carico del caso. "Non cerco pubblicità - sottolinea la moglie - ma il caso di mio marito è emblematico dello stato di abbandono in cui versano i pazienti in stato vegetativo permanente. Hanno voluto che mio marito vivesse, non l'abbiamo voluto noi: questa sanità che l'ha voluto vivo ora se ne disinteressa". De Ponte è assistito da una badante al mattino, e da lei al pomeriggio. Una sola settimana di ricovero in Neurochirurgia è bastata per provocargli piaghe da decubito con l'osso scoperto. "All'epoca - racconta la moglie - ero inesperta, non sapevo che fosse necessario girarlo, non sapevo che avrei dovuto chiedere un materasso antidecubito". In quattro anni le piaghe si sono solo aggravate. "Ho provato di tutto per farlo stare meglio, perfino l'agopuntura - racconta la moglie -. Solo girandolo ogni mezz'ora si potrebbe ottenere qualche risultato, ma ci vogliono due persone per farlo, e di notte non è possibile". La telefonata dell'Usl che chiedeva conto dei soldi spesi per le garze è diventata una beffa. "Una volta - riferisce ancora la moglie - gli avevano bucato lo stomaco mettendogli la sondina per il nutrimento. Aveva un'emorragia interna e doveva essere ricoverato. Dopo la prima visita mi sono sentita dire:"Signora, meglio che non diciamo in reparto in quali condizioni si trova, altrimenti dicono che non c'è posto". Il posto però non c'era comunque. Sono stata costretta a chiamare Adriano Cestrone (allora direttore sanitario) per sbloccare la situazione. Mi hanno trovato un letto ai dozzinanti, anche se dopo 15 giorni una segretaria mi ha chiamato per chiedermi chi avrebbe provveduto al pagamento della retta. Ovviamente ho risposto che non avrei pagato nulla". "Da dicembre con i miei figli abbiamo deciso che non lo ricovereremo più in ospedale, qualsiasi cosa succeda" confida Paola Costantini. Per Francesco Da Ponte non c'è più nulla da fare. "Mi sono rivolta al Tribunale per i diritti del malato, al Difensore civico, a tutti, ma nessuno mi ha dato risposte concrete. A questo punto spero solo che il caso di mio marito smuova le coscienze perché qualcuno prenda seriamente a cuore la situazione dei pazienti in stato vegetativo permanente".
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