ALLARME IDRICO. Con la piena del '66 l'ha scampata. Oggi non andrebbe così. Lo dice l'Autorità di bacino "Padova, oggi, non si salverebbe" Troppi scavi nell'alveo del Brenta, quindi troppa velocità dell'acqua. Il rischio è concreto
"In caso di piena la città di Padova difficilmente si salverebbe. Nel corso degli ultimi anni il Brenta è stato così profondamente inciso nel suo alveo che non riesce più a rallentare il deflusso delle acque. Padova l'ha scampata nel '66, ma non la scamperebbe adesso". A parlare è l'ingegner Antonio Rusconi, responsabile dell'autorità di bacino "Alto Adriatico", che ha competenza sui grandi fiumi del Nordest, incluso il Brenta.
Lo ha detto ieri a Cittadella, al summit promosso dal Consorzio di bonifica "Pedemontano Brenta" e dal suo instancabile presidente Giusepe Dellai sullo stato delle acque del fiume Brenta. Un allarme, quello di Rusconi, lanciato insieme alla notizia della redazione a breve del "piano stralcio di bacino" per i fiumi Brenta e Bacchiglione. "Abbiamo già redatto i piani per Tagliamento, Piave e Livenza. Quello per il Brenta è rimasto per ultimo perchè di fatto il più difficile per la complessità dei suoi problemi". Un fiume "malato" eccellente, i cui malanni sono stati esposti con puntaulità dal presidente Dellai. "Le falde si sono impoverite in maniera preoccupante, le risorgive stanno sparendo - ha detto Dellai -. Nella zona di Marostica abbiamo avuto un abbassamento della falda, in pochi anni, di ben quaranta metri, a Cittadella di ben dieci metri, senza contare la cementificazione e l'antropizzazione spesso senza regole che sta distruggendo quello che il Cnr aveva definito l'acquifero più importante d'Europa".
Tutto questo anche se l'acqua è sempre più risorsa strategica. Per questo è stata lanciata ieri la proposta di una "banca dell'acqua". "Ogni anno ci sono milioni di metri cubi di acqua che vanno in mare inutilizzati - ha detto il direttore del Consorzio, Umberto Niceforo -. Tra le soluzioni contro lo spreco idrico, si possono ipotizzare ad esempio saracinesche per i pozzi a getto continuo, la chiusura dello scarico di laghi, come quello Giaretta, e di altre eventuali situazioni di drenaggio della falda a seguito di attività estrattive. Determinante sarà il nuovo serbatoio sul torrente Vanoi per un utilizzo multiplo della risorsa idrica".
Il serbatoio o "banca" potrebbe regolare le portate nel tempo, trattenendo i volumi di piena e restituirli in periodo di siccità, consentendo così di mantenere nell'alveo il minimo deflusso vitale con notevoli vantaggi per la fruizione turistica e paesaggistica. Nel frattempo la Regione, col suo recente piano sugli acquedotti, ha però autorizzato un ulteriore prelevamento di acqua per 1500 litri al secondo da questo territorio.
Tra i presenti, oltre a Province (Vicenza, Belluno e Padova), Consorzi, Comuni, associazioni (dagli agricoltori agli ambientalisti, assenti i cavatori), c'erano anche Cnr e Enel. "Si è parlato di nuove centrali idroelettriche - ha detto il rappresentante Enel -. Vorrei rassicurare dicendo che nessuna è prevista sul Brenta o nelle sue prossimità". Sulla vicenda delle escavazioni l'assessore provinciale di Belluno Piero Bolzan ha ribadito: "C'è bisogno di inerti, ma bisognerebbe fare un piano regionale per far scavare dove ce n'è bisogno, magari sostenendo le spese, e non dove si fanno disastri all'ambiente". Un appello alla magistratura è arrivato da Gianni Genghini di Legambiente: "Manca l'acqua e quando c'è è inquinata, com'è accaduto di recente per lo scarico abusivo eseguito da parte di alcune ditte che vanno individuate e perseguite perchè non siano recidive".
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