I PROSSIMI CINQUE ANNI
DELL'ULIVO

Governare il cambiamento è la sfida decisiva dei prossimi cinque anni
Più sicuri con la famiglia
L'incertezza sociale di oggi si supera con un nuovo equilibrio che tenga conto in particolare dei diritti delle giovani donne

di Tino Bedin
candidato al Senato nel collegio di Este

Gli ultimi anni, qui in Italia i cinque anni della legislatura dell'Ulivo, hanno fatto vivere alle persone cambiamenti profondi. Al di là dei risultati, significativi in molti settori anche specifici della proposta dei cattolici democratici, uno dei meriti politici dell'Ulivo è stato di aver fatto partecipare l'Italia all'evoluzione delle società avanzate e di essersi impegnato a dare un governo al cambiamento.
Governare il cambiamento è probabilmente la sfida decisiva dei prossimi cinque anni, qui da noi in Italia, qui da noi in Europa. Da sola la società mercantile della destra non sarebbe in grado di farlo perché il mercato da solo aumenta le difficoltà. L'esigenza di "sicurezza" che la nostra società esprime e che si manifesta essenzialmente sul terreno della sicurezza pubblica è ingigantita dall'incertezza che la globalizzazione crea in molte persone e molte famiglie: la mobilità delle persone sul pianeta, la flessibilità del lavoro nelle società evolute, il confronto diretto con modelli culturali diversi, il consumo dell'ambiente, una scienza che va fino al cuore dell'Essere hanno ingenerato paura. Il futuro, invece di essere fonte di speranza, è per molte persone, anche giovani, origine di timori.
Ho la convinzione che il punto dal quale affrontare questo tema politico centrale per la società italiana ed europea sia quello della famiglia. Negli ultimi cinque anni ci abbiamo lavorato in molti ed alcuni risultati sono stati raggiunti sul piano pratico, ma anche sul piano culturale. Famiglia, natalità, educazione sono diventati temi non più di categorie o di settore ma generali. Questa consapevolezza, che un tempo era quasi esclusivamente dei cattolici, oggi è patrimonio di una larga parte della politica e della società. E' un risultato al quale i Popolari hanno dato un apporto originale e costruttivo.
Da qui si può partire per "riscrivere" il nostro patto civile in Italia. Ho usato un'espressione impegnativa: ho infatti la consapevolezza che far perno sulla famiglia significa rivoluzionare molta parte della nostra convivenza.
Penso in particolare al posto che dovremo pur dare alle nostre ragazze, perché una società accogliente consenta loro di realizzarsi come persone e come mogli e come madri: è una questione di rispetto, ma è anche un progetto di società che non deve far pesare solo su una parte il conto che cambiamenti pur positivi sempre ci presentano. Ciò richiede una revisione dei tempi di lavoro che non può essere affidata solo al mercato e alla flessibilità, ma va organizzata come un elemento di equilibrio comunitario, al cui interno potranno essere meno difficili le scelte di procreazione.
Tra i servizi che rafforzeranno il nuovo equilibrio familiare c'è indubbiamente il sistema scolastico, all'interno del quale mamma e papà troveranno il progetto educativo più adeguato.
Ma tutte le età della famiglia, specie l'età anziana, sono una risorsa. Ciò richiede di applicare il principio di sussidiarietà proprio a partire dalle risorse interne alla famiglia e da quelle che le famiglie con le loro reti riescono a sviluppare. Cambia così anche il concetto di assistenza, che resta un capitolo determinante, qualificante di una società della solidarietà e dell'inclusione, che abbiamo cominciato a riscrivere in questi anni.
E' importante che le istituzioni affrontino come prioritarie le questioni della vita delle persone, confrontandosi su di esse senza pregiudizi ma anche senza cedimenti. Ne sto parlando - a dire il vero un po' isolatamente - in queste settimane di dialogo elettorale, ne parlo ora con Lei, sia perché ritengo giusto un confronto fra cittadini su questioni essenziali per il futuro, sia perché ciò rende la politica più concreta, più comprensibile e quindi più partecipata.
Solo parlando di cose vere, esistenziali, le istituzioni possono farsi capire; solo partecipando alla vita dei cittadini, possono farsi amare. Anche far amare la Repubblica è un mio impegno: abbiamo bisogno di sentirci responsabili gli uni degli altri, prima che qualcuno pretenda di essere responsabile per tutti.

Tino Bedin

27 aprile 2001

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27 aprile 2001
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