POPOLARI

A 100 anni dall'Appello di Don Luigi Sturzo e dei cattolici popolari "A tutti gli uomini liberi e forti" / 4
Un partito di cattolici per la libertà di tutti
Sottratti alla subordinazione "papalina" nella quale erano confinati sia dal loro assenteismo sia dal giudizio che su di loro davano le altre forze politiche

conversazione di Tino Bedin

È un anno decisivo il 1905 per la presenza politica dei cattolici italiani. L'11 giugno nell'enciclica "Il fermo proposito", diretta ai vescovi italiani (come chiarisce già il titolo in italiano e non in latino), Papa Pio X, consente in circostanze speciali ai cattolici di partecipare all'attività politica: il divieto resta, ma c'è un ampio margine di interpretazione.
Don Luigi Sturzo è già pronto.
Non fu infatti un gesto improvviso di Sturzo quello che il 18 gennaio 1919 culminò, dal vecchio albergo Santa Chiara di Roma, nell'appello "Ai liberi e forti ", ma fu la sintesi di una ricerca politica continua e di un coinvolgimento progressivo di intelligenze.

L'anteprima: Caltagirone, Vigilia di Natale 1905
La vigilia di Natale a Caltagirone tiene il discorso su "I problemi della vita nazionale dei cattolici": è il punto di passaggio dalla competizione sociale alla competizione politica, con la previsione di un partito laico, democratico e costituzionale di ispirazione cristiana.
In quel discorso, con grande lungimiranza, Don Luigi Sturzo traccia una visione organica, precisa, sintetica, di un modello di forza politica innovativa, anzi rivoluzionaria rispetto alle varie concezioni esistenti nel movimento cattolico italiano.
Ora io stimo che sia giunto il momento che i cattolici si mettano al paro degli altri nella vita nazionale, non come unici depositari della religione o come armata permanente delle autorità religiose che scendono in guerra guerreggiata, ma come rappresentanti di una tendenza popolare e nazionale nello sviluppo del vivere civile.
Probabilmente l'idea dell'autonomia dei cattolici in politica è l'idea più fortemente innovativa che Sturzo introduce nel pensiero e soprattutto nell'azione politica concreta dei cattolici. Anche in questo caso - e forse soprattutto in questo - la preparazione è, tuttavia, tenace e metodica. Dice infatti nel discorso di Caltagirone del 1905:
Il partito dei cattolici non è una emanazione chiesastica nel senso clericale della parola, non è né può essere una emanazione monarchica nel senso che vi danno i liberali; la difesa dell'altare è la difesa della religione e la difesa del trono è la difesa del principio di autorità, ma né l'altare né il trono sono coefficienti organici del partito dei cattolici, ragioni costituzionali del1'organismo di una vita libera, costituzionale, popolare.
Le motivazioni dell'impegno politico dei cattolici erano cioè squisitamente democratiche e popolari, e perciò il partito dei cattolici era concettualmente autonomo in quanto perseguiva fini propri, cioè i fini di cittadini democratici e non semplicemente i fini dei cattolici, con la piena consapevolezza dei ruoli e dei fini della Chiesa, dello Stato e dei partiti in una società moderna. Ma certo Sturzo era ben consapevole dell'esistenza, e anche della drammaticità per alcune coscienze cattoliche, della questione romana, e non intendeva certo negare il problema né essere indifferente alla sua soluzione.
Il problema della libertà religiosa è evidentemente troppo grande per un cattolico sincero perché possa essere ignorato, ma Sturzo, che aveva dell'autonomia del partito un'idea complessiva, aveva la forza di collocare in essa anche il problema della libertà religiosa, punto quindi non esclusivo della milizia politica dei cattolici, ma elemento che costituiva uno degli aspetti del tema della libertà in Italia. Affermava infatti:
I cattolici, come nucleo di uomini di un ideale e di una vitalità specifica, debbono proporsi il problema nazionale, che fra gli altri problemi involve in sintesi anche il religioso, ma non come una congregazione religiosa (...), né come partito clericale che difende i diritti storici della Chiesa, ma come una ragione di vita civile ispirata ai principi cristiani della morale pubblica, nella ragione sociologica, nello sviluppo del pensiero fecondatore, nel concreto della vita politica.
Il senso della vocazione nazionale dava quindi forza ed autonomia al partito dei cattolici, poneva cioè i cattolici democratici sullo stesso piano di legittimità degli altri cittadini, sottraendoli alla subordinazione "papalina" nella quale erano confinati e dal loro assenteismo e dal giudizio che su di loro davano le altre forze politiche. Del resto - è ancora Sturzo che lo afferma - "le nostre forze militanti, nello sfasciarsi del vecchio organismo e nel veder sostanzialmente limitata l'attività delle associazioni cattoliche al movimento religioso, cominciarono a riacquistare la coscienza chiara dell'ibridismo costituzionale dell'organizzazione dell'Opera dei Congressi e la conseguente impossibilità di raggiungere in essa una posizione qualsiasi di partito nazionale".
Sturzo seppe comprendere le ragioni di crisi dello Stato italiano e indicare le vie per la sua trasformazione attraverso l'assunzione di responsabilità politiche da parte delle masse popolari cattoliche, proprio attraverso il riconoscimento che l'unità nazionale era un bene, ma che esistevano difetti e limiti nel processo risorgimentale operato nel nostro paese dalla classe liberale.
La sola battaglia per la libertà religiosa avrebbe cioè finito coll'immobilizzare i cattolici fuori delle strutture dello Stato, impedendo il loro apporto concreto anche per gli altri problemi presenti nella società italiana. Sturzo, con una concezione della libertà organica e istituzionale, salvando la quale anche la libertà religiosa sarebbe stata affermata, affermando la quale anche i diritti della religione sarebbero stati salvati, riporta i cattolici nell'alveo della legalità e li mette in grado - a livello di assoluta parità - di collaborare con le altre forze politiche per la soluzione dei comuni problemi nazionali.

Il prete fedele che sa aspettaree
Dal 1905 al 1919 sono trascorsi più anni di quelli che hanno poi impegnato il partito nella battaglia politica concreta, ma sono stati anni essenziali per portare a maggior maturità, e a una maggior consapevolezza, in Don Luigi Sturzo e negli amici che collaborano e collaboreranno con lui, la concezione politica e sociale che lo stesso Sturzo aveva già chiaramente delineato fin dal 1905.
Ci si può chiedere come mai il sacerdote non si lasciò tentare dall'idea di fondare già allora il nuovo partito. Sturzo sapeva che la Santa Sede, che aveva concesso le prime evasioni al "Non expedit" ammettendo solo che i cattolici divenissero "elettori ma non eletti", non l'avrebbe consentito. Sfidare la Chiesa? Era improponibile per un prete fedele come lui; era impensabile per chi come lui profondamente temeva l'accusa di ribellione. Politicamente, poi, il sacerdote siciliano era sicuro che senza l'abolizione ufficiale di quella formula il partito sarebbe riuscito né più né meno di una "chiesuola".
C'è una immediata conferma a questo proposito. Qualche giorno dopo il discorso di Sturzo a Caltagirone nel 1905, vengono pubblicati gli statuti delle organizzazioni cattoliche, che rappresentano la smentita ideale e pratica di quanto Sturzo ha appena sostenuto. Egli si guarda bene dal contestarli; si preoccupa piuttosto che l'orientamento delle organizzazioni cattoliche in quel momento possa portare turbamento e sfiducia in quanti cominciano a comprendere la sua concezione di partito dei cattolici e aggiunge al suo discorso un postscritto che è significativamente illuminante.
C'è quindi da lavorare e lottare, contro la sfiducia di coloro che guardano la vita nella cerchia ristretta dei piccoli fatti (...). Ogni formula conservatrice non riuscirà che ad essere un ingombro da togliere, non mai un ostacolo che paralizza la via. L'ideale del partito nazionale dei cattolici resta integro come l'aspirazione più legittima e necessaria alla vitalità dei cattolici militanti; (...) l'influenza di questo ideale non può essere elusa da abbozzi o da tentativi che non riscuotono la fiducia dei più: il cammino, intralciato, non potrà che subire ritardi, ma non sarà arrestato. Del resto nessuno pensa che il progresso sia una ascensione in linea retta; sarebbe l'errore peggiore, che ci porterebbe al suicidio.
Ed infatti bisognerà aspettare 13 anni, dentro i quali c'è anche la Grande Guerra europea.

15 gennaio 2019

Questa conversazione destinata al Salotto Lazzaro ha utilizzato anche i molti materiali storici, studi e commenti sul Partito Popolare Italiano e su Don Luigi Sturzo presenti in Rete. Mentre ringraziamo gli autori e i depositari, ci auguriamo di aver contribuito a diffondere anche i loro contenuti.


pp-018
16 febbraio 2019
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Tino Bedin