PARTITO DEMOCRATICO

Diario / VENERDÌ 24 GIUGNO 2016

La legge di riforma del Terzo Settore
Più forte e capace la mano della gratuità
Presentazione e confronto a Padova a cura dei senatori del Partito Democratico
   C'è un pubblico di protagonisti diretti nella sede regionale del Partito Democratico, in piazza De Gasperi a Padova, ad ascoltare l'illustrazione della nuovissima legge-delega sul Terzo Settore. Protagonisti, perché si tratta di dirigenti, animatori e volontari di iniziative che richiedono l'impegno diretto. Sono relativamente pochi, rispetto al vastissimo e variegato mondo che rappresentano e che è oggetto della riforma.
Proprio la vastità e la varietà della composizione del Terzo Settore sono state la sfida maggiore del legislatore, come spiega il senatore Stefano Lepri, che è stato relatore al Senato del disegno di legge.
L'appuntamento è promosso dai senatori del Partito Democratico di Padova Giampiero Dalla Zuanna e Giorgio Santini, in collaborazione con il consigliere regionale Claudio Sinigaglia che sui riflessi regionali della normativa ha condotto una costante attività di raccordo.
"Il terzo settore deve diventare il primo. Una riforma perché nessuno resti indietro" è il filo conduttore del pomeriggio di informazione e confronto, al quale contribuiscono assieme ai rappresentanti del Partito democratico, anche Paolo Alfier (già portavoce per il Veneto del Terzo Settore), Roberto Baldo (presidente di Federsolidarietà Veneto) e Sandro Lion (direttore del Centro Servizi per il Volontariato di Padova). Il senatore Dalla Zuanna pone il tema, insistendo in particolare sull'urgenza di assicurare uno stato sociale efficiente ed efficace in una condizione di difficoltà delle risorse direttamente pubbliche. "Condividiamo una legge, che per noi è sicuramente una buona legge", conclude.
Il senatore Stefano Lepri conferma e spiega perché è stata elaborata. "Negli ultimi 25 anni il Parlamento ha elaborato tante leggi, tutti molto buone, ma con un limite evidente: tutte queste normative si sono stratificate fra loro, a cominciare dalla fine dell'Ottocento, (si pensi ad esempio a tutte le Società di Mutuo Soccorso o ai Comitati, molto attivi nella società civile di quel periodo). Questa pluralità di soggetti aveva bisogno di avere un denominatore comune. Questa legge riesce a farlo, perché il lavoro parlamentare ha consentito di riconoscere il mondo del Terzo Settore da un punto di vista economico-giuridico. Questo percorso e finalmente diventato legge; ora ci troviamo di fronte ad un soggetto giuridico unitario".
Poi il senatore Lepri ricorre ad una immagine efficace. "Dobbiamo immaginare questa come la mano. Fino ad ora abbiamo regolato le dita, ora ci siamo focalizzati sulla mano, in modo tale da permettere a ciascun dito di potersi muovere al meglio, proprio perché appartiene e fa parte della stessa mano".
Ancora un'immagine, quella della carta di identità. Come nella carta di identità dei cittadini c'è una foto, un nome, un cognome, delle specifiche, allo stesso modo nella legge si ritrova la carta di identità del Terzo Settore, che riporta sia le generalità specifiche sia le o caratteristiche comuni a tutti i soggetti che popolano il Terzo Settore.
Queste le caratteristiche comuni:
- finalità: è civica, solidaristica, di utilità sociale;
- il contesto operativo: sono le attività cosiddette "di interesse generale";
- la modalità operativa: devono operare con il codice del dono, della mutualità, dello scambio;
- il criterio della porta aperta: tutte le persone interessate possono far parte di questi soggetti e beneficiarne.
Il relatore al Senato è sceso poi anche nel dettaglio di alcune parti della legge.
Tra gli altri interventi una citazione mi pare opportuna dall'intervento di Sandro Lion.
"Lo Stato sta pian piano abbandonando i servizi, ma continua ad esercitare un ruolo di controllo su standard sempre più stretti (a volte oltre il buon senso), che impongono costi che poi esso stesso non riesce a sostenere, con la conseguenza finale dell'abbandono dei servizi, anche minimi. Oggi, come nel '91, il terzo settore, che ritiene lo Stato essenziale e vuole camminargli a fianco, cerca sentieri nuovi dove si possa costruire un nuovo welfare, magari generativo e partecipativo.
Poi Lion riporta quanto scriveva Luciano Tavazza nel 1995 (il testo tratto da "Il cercatore di arcobaleni"): "Non è più il tempo della sola lotta alla povertà materiale o relazionale, non ci sono più soggetti marginali anche se numerosi a rischio. Vi sono piuttosto intere generazioni del presente e del futuro destinate all'esclusione sociale. … Trentacinque milioni di europei - esclusi dai processi produttivi- sono la conseguenza di una economia che non ha più al centro la preoccupazione primaria della tutela della dignità e liberta della persona. Non ci si può come volontari occupare solo dei poveri ma anche scoprire, individuare, modificare i meccanismi di questa grande macchina della povertà".
"In questo panorama di ieri, che ritorna ad essere estremamene attuale, si è innestata - commenta Sandro Lion - quella che potremmo definire la terza fase del solidarismo moderno, dove il terzo settore non è più solo sussidiario allo Stato, bensì ne è l'ultimo sostegno, con forme sempre più innovative che, per motivi di sopravvivenza, superano la pura gratuità economica. Economie partecipative dove (ed ecco la preoccupazione) l'attenzione non deve essere posta sulla capacità impositiva fiscale ma sulla capacità di dare ancora lavoro e futuro".
Nella conclusione il senatore Giorgio Santini riassume: la riforma del terzo settore è legge: c'è voluto tempo e mancano ancora i decreti legislativi, ma il risultato finale è apprezzato, come attestato dal coro di dichiarazioni positive delle molteplici organizzazioni di rappresentanza del terzo settore, a cominciare dal Forum nazionale. E come certificato dai maggiori opinionisti e studiosi della materia, che in queste settimane hanno tessuto le lodi della riforma.

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pd-020
30 giugno 2016
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Tino Bedin