PADOVA

Diario / SABATO 22 NOVEMBRE 2014

L'estremo saluto da parte di amici e di colleghi
Roberto Foco, un giornalista di precisione
La comune formazione alla "Difesa del Popolo"
   Nella sala del commiato al Cimitero Maggiore di Padova ci sono tre generazioni di giornalisti. Ci ha "convocati" Roberto Foco, amico e collega, morto martedì scorso. Poche settimane di malattia lo hanno tolto alla sua famiglia (la moglie Mara e il figlio Emiliano), ai suoi vicini di casa, ai suoi colleghi, ai suoi amici. Aveva 72 anni.
Tra chi si alza per "salutare" Roberto ci sono rappresentanti di tutte queste categorie. I più numerosi ovviamente sono i giornalisti, perché questa è stata la professione da lui esercitata. Ha imparato il mestiere con me alla Difesa del Popolo, il settimanale diocesano di Padova. Ha imparato il mestiere per intero, anche nella sua dimensione tipografica, nella precisione dell'impaginazione che proprio assieme a lui abbiamo cominciato a trasformare dal piombo all'elettronica. Nella tipografia Antoniana di via Cappelli ha fatto anche il correttore di bozze.
Tutte immagini che mi scorrono di nuovo dentro, mentre colleghi più giovani raccontano il suo insegnamento, la sua cura nella titolazione, la sua preparazione nell'impaginazione. Era stata questa la nostra gioventù e ce la siamo portata nel lavoro per sempre.
Siamo stati amici anche fuori della "Difesa", perché Roberto era "solo" a Padova, dove era rimasto da bambino senza seguire i genitori emigrati in Venezuela. Una cosa che faceva a Capodanno a casa nostra era quella di telefonare a Caracas e noi suoi giovani amici partecipavamo così a questa sua esistente originale. Nella sala del commiato Roberto ha radunato anche qualcuno di quella brigata giovanile.
Poi Roberto è stato "pescato" per essere tra i giornalisti che hanno fondato "Il mattino di Padova", assieme ad un altro amico e collega formatosi alla "Difesa", Renzo Mazzaro. Ricordo il racconto del colloquio di lavoro, le settimane del reclutamento ed infine la notizia della nuova e definitiva avventura. Nel gruppo editoriale del "Mattino" Roberto è rimasto per tutta la vita.
Ci siamo poco frequentati da "grandi", anche se facevamo tutti e due lo stesso mestiere. Ma siamo rimasti "in contatto". Quando è andato in pensione, Roberto mi ha portato una bottiglia di champagne: per brindare al lavoro di giornalista che avevamo cominciato insieme.

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4 gennaio 2015
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Tino Bedin