PADOVA
Un'indagine tra gli anziani dell'IRA di Padova
Come si fa a vivere senza stress
la vecchiaia e tutte le sue pastiglie?

Un'équipe universitaria analizza la percezione della qualità della vita


di Tino Bedin

Due su tre fra le persone che abitano nelle Residenze dell'Istituto di Riposo per Anziani di Padova vivono con serenità; alcune tra loro ne traggono anzi una sensazione di benessere. È il dato essenziale che è emerso dall'Indagine sulla percezione della qualità della vita da parte di anziani istituzionalizzati, che è stata condotta all'IRA dalla Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell'Università di Padova.
L'iniziativa è stata presa dal professor Giorgio Moretti, che l'ha realizzata in equipe con le dottoresse Barbara Pellizzari e Barbara Auffinger. L'IRA ha attivamente collaborato all'Indagine nell'ambito dello stretto legame che l'Istituto ha con la società padovana, confermando anche in questa occasione la scelta di aprire il proprio servizio all'esperienza di soggetti esterni, socialmente rappresentativi o scientificamente esperti, qual è in questo caso l'Università: apertura che ha il duplice obiettivo da una parte di diffondere la conoscenza della popolazione anziana e dall'altra di rendere conto del proprio servizio pubblico. Nel caso di questa indagine era preminente per l'IRA l'obiettivo della conoscenza ancor più approfondita delle persone che vivono nelle proprie Residenze.
Qui la qualità della vita non è un dato statistico, ma un'esperienza soggettiva e personale. Per questo il risultato che ho citato all'inizio solleva non pochi interrogativi.

Si "sentono meglio" di quanto certifichi il medico.
Ne pongo solo uno, che utilizza un altro dato dell'indagine: come si fa a non vivere un grave stress quando si hanno in media 5 patologie a testa, che vengono fronteggiate con una media di 7 farmaci a testa al giorno?
Se ne ricava che la qualità della vita correlata allo stato di salute, che è considerato uno dei valori più importanti per la persona, non è tuttavia un valore misurabile. Per il benessere appare più decisiva la percezione di quanto il proprio stato di salute favorisca o impedisca la realizzazione della personale vita ideale. Lo conferma il fatto che oltre il 43 per cento delle persone che hanno partecipato all'indagine si "sentono meglio" di quanto sul loro stato di saluto con obiettività certificano i loro medici curanti.
Per chi vive assieme agli anziani, come è nella missione dell'IRA, l'indagine porta a domandarsi se la vecchiaia comporti solo la condizione che alcune capacità acquisite durante lo sviluppo non sono più operative o iniziano a perdersi, o se a questa manifesta diminuzione delle capacità fisiche e psicologiche, gli anziani rispondano con il permanere, e anche con l'aumento, dell'autocoscienza. Questa realtà, non facilmente riscontrabile da analisi esterne compiute da altre persone, potrebbe essere fra le cause delle periodiche difficoltà di dialogo tra anziani e persone che pure li hanno particolarmente a cuore, o come familiari o come professionisti?
Anche questo rapporto di affetto emerge dall'indagine, che smentisce una ripetitiva letteratura sugli "ospizi" e sull'abbandono degli anziani. Il dato statistico certifica l'esperienza quotidiana all'Istituto di Riposo per Anziani: il 93 per cento delle persone che vivono nelle Residenze dell'IRA ricevono visite con frequenza ravvicinata da familiari ed amici. Meno del 6 per cento non ha un'agenda affettiva sulla quale scadenzare lo scorrere del proprio tempo.
Che sia anche in questa larga condivisione del tempo una delle risposte alla domanda: come si fa a vivere senza stress la vecchiaia e tutte le sue pastiglie?

Gli obiettivi degli ultraottenti.
Nel 1991 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la qualità della vita come la percezione degli individui della loro posizione nella vita nel contesto culturale e nel sistema dei valori in cui vivono in relazione ai loro obiettivi, alle loro aspettative, ai loro interessi.
Familiari ed amici, con la loro presenza all'IRA, hanno evidentemente saputo intercettare le aspettative degli anziani che vi risiedono.
Il fatto che due ospiti su tre siano soddisfatti nei confronti di se stessi segnala che il personale dell'IRA è in grado di corrispondere ad una serie di interessi espressi dagli ospiti stessi. La conferma viene anche da un ulteriore dato dell'indagine: all'IRA la percezione di benessere soggettivo da parte di chi è vedovo o non sposato resta invariata, mentre decade per chi vive nel territorio.
Intercettate le aspettative, soddisfatti gli interessi; e gli obiettivi degli ospiti?
La risposta non c'è nell'indagine. A dire il vero, inzialmente non c'era neppure la domanda. Essa nasce dalla lettura dei risultati e cambia approcci consolidati. Che obiettivi danno a se stesse persone dall'età media di 82 anni? Che obiettivi si propongono donne per le quali l'ambiente dell'IRA è la prima diversità esistenziale rispetto alla quotidianità di casalinghe vissuta da sempre?
Ora è compito dell'IRA intuire questi obiettivi ed organizzarsi in modo che la forte autocoscienza degli anziani (evidenziata anche dall'indagine) arrivi a manifestarli sia nell'esperienza personale che nella percezione sociale.
Le discussioni sulla qualità della vita sembrano generalmente avere più urgenza quando si considera il benessere delle persone anziane perché riguardano la realizzazione finale nella vita. Dimostrando di saper vivere senza stress la loro età, di saper percepire la qualità della vita contestualizzandola in riferimento alla loro persona, allo spazio ed al tempo, i residenti dell'IRA ci segnalano piuttosto che ogni età ha il suo futuro. Oltre alla memoria, alla quale volentieri ricorrono, bisognerà esercitare anche l'immaginazione, in modo da non abbandonare mai la convinzione che la vita potrebbe essere migliore.

21 febbraio 2008


21 febbraio 2008
pd-063
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