OGGI

Molti politici non si sono accorti che è cambiata la società
Gli italiani non ce la fanno più da soli
C'è bisogno di politica perché non basta "fare",
ad esempio in tema di tasse, scuola, giustizia, federalismo

di Tino Bedin

La politica continua a star male, ma non ha più la malattia degli anni Novanta. Negli anni Novanta la politica era debole perché non poteva contare sui cittadini. Dicevamo:
- ce la facciamo da soli (le nostre organizzazioni di volontariato, le nostre imprese, le nostre famiglie);
- adoperiamo la politica, ma scegliendo noi chi è capace di governare (meglio il sistema maggioritario, ottime le elezioni dirette);
- efficienza ed efficacia sono i valori dello Stato;
- ben che vada la politica è un intralcio; vuoi mettere le procedure imprenditoriali;
- mal che vada la politica ha un costo che deriva dall'immoralità (applausi a Mani Pulite e giù).

Senso di estraneità. Oggi la politica è debole, perché non può contare sui politici. In buona parte (particolarmente quelli che attualmente governano) sono il risultato di quelle convinzioni dei cittadini e quindi non riescono ad aggiornarsi. Anche altri (che pur hanno origini diverse) si comportano come se ai cittadini non interessassero i risultati della politica, perché - come di diceva negli anni Novanta - la società civile sa fare da sola.
In questo modo rendono ancora più debole la politica; che resta poco apprezzata dai cittadini per la sensazione di estraneità.
Il teatrino televisivo è infatti considerato il luogo ideale della politica. La recita dello scontro e la necessità della gara, che lo spettacolo richiede, alza forse l'ascolto ma abbassa la comprensione e soprattutto porta alcuni politici a comportarsi nelle istituzioni come se fossero sempre sotto i riflettori: devono fare ascolto, possono dire qualsiasi cosa perché nulla è meno definitivo di una trasmissione televisiva.
I cittadini prendono atto. Ricavano l'idea di confusione. Sentono il contrasto tutto interno ai politici e non sulle cose che interessano i cittadini. Ma, a differenza degli anni Novanta, hanno la consapevolezza che ci sarebbe bisogno della politica. E aggiungono così un ulteriore motivo di distacco.

I costi della globalizzazione. La globalizzazione sta mostrando anche i lati negativi: il terrorismo, il crollo della borsa americana che brucia i risparmi azionari degli italiani (e la illusione che si possa guadagnare senza rischio); il movimento di persone che è inarrestabile, anche se al governo c'è Bossi. Del resto è inutile illudersi: la storia insegna che quasi mai è stato il pane ad andare verso i poveri, ma i poveri ad andare dove c'è il pane.

Crollano certezze e rifugi. I cittadini avvertono che non ce la fanno ad affrontare da soli il mondo. Addirittura avvertono che non possono neppure ritirarsi dalla lotta, che non è più possibile nemmeno rifugiarsi nel privato; perché da un momento all'altro crolla quello che sembrava incrollabile e travolge il rifugio di sempre o quello progettato.
Ecco due casi emblematici, solo apparentemente lontanissimi.
La prossima settimana tornano a Roma i giovani medici specializzandi: braccianti della professione medica; pagati a ore, senza un contratto, senza la pensione, senza un futuro, con una legge che non viene applicata. Chi dei loro genitori, che li ha fatti studiare avrebbe pensato che un medico sarebbe sceso in piazza come un metalmeccanico.
Come il metalmeccanici della Fiat: ecco l'altro emblema. Chi avrebbe pensato che la Fiat avrebbe chiuso?
Anche negli anni Novanta la Fiat ha ridotto il personale in maniera massiccia, ma era una situazione che gli stessi interessati pensavano (ed in gran parte sono stati nel giusto) di poter risolvere, con o senza la Fiat. Adesso non è così. Adesso - ad esempio in Sicilia - si chiede il conto a chi è stato votato.
Molti si stanno accorgendo che c'è bisogno della politica. C'è bisogno di una ispirazione nella politica. Non c'è solo da far funzionare la macchina; ci sono degli obiettivi da raggiungere.

Non è indifferente chi governa. Dopo un anno e mezzo di governo della Destra l'Italia si accorge che non è indifferente chi governa. Le differenze non sono tanto negli strumenti, ma negli obiettivi.
Anche l'Ulivo ha ridotto le tasse ed in maniera vera, non come fa questa Finanziaria. Ma contemporaneamente ha tolto i ticket sanitari, indicando che gestione delle entrate e stato sociale non sono alternativi.
Il Polo riduce di poco le tasse, ma aumenta ha reintrodotto i ticket sanitari, ha cancellato molti farmaci dalla fascia gratuita.
Anche l'Ulivo ha promosso la pluralità dell'offerta formativa attraverso la parità scolastica; per la scuola dell'infanzia (materna ed elementare) una parità che è anche finanziaria con contributi diretti alle scuole. E contemporaneamente ha rafforzato il sistema scolastico nazionale, con l'autonomia e con i nuovi cicli.
Il Polo paga la cambiale con 30 milioni di euro all'anno a partire dal 2003, che sono una miseria se riferiti alla attuazione di un diritto, ma toglie questi soldi alla scuola pubblica, cui sottrae 800 milioni di euro, quindi abbassando il servizio ed innescando una concorrenza al ribasso invece che l'arricchimento sociale.
Anche l'Ulivo ha riformato la giustizia, ad esempio con l'introduzione del giusto processo. Ma il parlamento è stato tenuto fuori dalle aule giudiziarie.
Il Polo sta riformando il sistema giudiziario facendo approvare in parlamento le norme che servono a due avvocati che sono anche parlamentari nei processi in cui è imputata la classe politica che governa.
Anche l'Ulivo ha cambiato in senso federalista la Costituzione, avendo in mente di portare il potere accanto ai cittadini, ma senza ridurre nessuno dei diritti di cittadinanza, anzi facendo dei diritti la base della cittadinanza. La Destra fa il federalismo della cittadinanza.

L'avvertimento di Giovanni Paolo II. La caduta delle ideologie è indubbiamente un fatto positivo, ma la politica non può essere ridotta a pura prassi. Giovanni Paolo il 14 novembre 2002 nel discorso ai parlamentari italiani ha citato la Centesimus annus: "Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia".
Tutti i valori, certo, ma con una predilezione per i valori sociali più che per quelli individualistico-libertari, cioè per i valori che permettono le relazioni, non per quelli che concedono all'individuo una libertà il più possibile estesa, senza responsabilità.

14 dicembre 2002

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14 dicembre 2002
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