In Europa il lavoro è sempre più qualificato e sempre
più femminile. Lo dice il rapporto "L'occupazione in Europa 2001", pubblicato
in queste settimane dalla Commissione europea. Dei tre milioni di posti di lavoro in più
creati in Europa nel 2000 rispetto al 1999, un milione e seicentomila sono occupati da
donne. In particolare la palma nell'aumento di occupazione spetta alle donne molto
qualificate che lavorano nelle nuove tecnologie. Il tasso di occupazione delle donne è
salito dal 52,8 per cento nel 1999 al 54 nel 2000. Tra il 1995 e il 2000, il divario tra
il tasso di occupazione degli uomini e quello delle donne si è ridotto di due punti
percentuali.
Si tratta di un'ulteriore conferma dell'evoluzione della società italiana ed europea,
alla quale le decisioni politiche sono chiamate a dare una risposta non solo in termini di
occupazione, come in parte sta avvenendo, ma soprattutto nell'organizzazione sociale e dei
tempi di vita: tema quest'ultimo cruciale in tutte le politiche dello sviluppo ed invece
clamorosamente assente nelle proposte del governo Berlusconi e della sua maggioranza nel
"programma dei cento giorni".
Un confronto Ue-Usa. L'accelerazione continentale dell'occupazione femminile
richieste, infatti, politiche complessive ed immediate, perché è in grado anche di
condizionare altre politiche, come quelle dei servizi alla persona o quelle sulla
previdenza.
Lo conferma lo studio "Le differenze nell'occupazione tra l'Europa e gli Stati Uniti,
disparità salariali, mobilità in termini di retribuzione e di competenze",
richiesto dalla Commissione Europa e reso noto contemporaneamente al Rapporto
sull'occupazione. Questi sono alcuni dei risultati dello studio, che sono fondati su
ricerche effettuate in Francia, Germania, Olanda e il Regno Unito, oltre che negli Stati
Uniti:
1) in Europa, le donne lavorano a tempo parziale negli anni che dedicano ai bambini
piccoli, mentre negli Stati Uniti lo fanno piuttosto quando si avvicinano all'età della
pensione;
2) il numero di donne, specialmente quelle che lavorano a tempo parziale, è molto alto
nei posti di lavoro a bassa retribuzione;
3) il lavoro a tempo parziale implica una penalizzazione sostanziale in termini di
salario, che permane dopo la ripresa del lavoro a tempo pieno;
4) le donne sono in netta minoranza nei posti di lavoro meglio retribuiti, specialmente in
Europa.
Sulle due sponde dell'Atlantico i salari delle donne continuano ad essere più bassi; o
meglio: le donne sono in strettissima minoranza nei settori di impiego ben retribuiti, in
particolare in Europa. Negli Usa la crescita di questo tipo di occupazione femminile è
molto più marcata che nell'Unione Europea. Il divario nelle retribuzioni tra i due sessi
è attualmente del 28 per cento nell'Unione Europea.
A lavoro uguale, uguale salario. Della questione si è occupato il Parlamento
Europeo, quasi contemporaneamente alla pubblicazione del Rapporto della Commissione e
dello studio Europa-Stati Uniti. La commissione parlamentare dei diritti delle donne ha
adottato all'unanimità la relazione d'iniziativa della popolare belga Miet Smet relativa
al principio "a lavoro uguale, uguale salario" ed ha chiesto di risolvere il
problema delle differenze di retribuzione tra uomini e donne per un lavoro identico, per
migliorare la condizione femminile sul mercato del lavoro. Il del Parlamento europeo
invita la Commissione Prodi a proporre una revisione della direttiva del 1975, tenendo
conto di una valutazione neutra dei lavori, durante la campagna che avvierà nel 2002
sulla parità delle retribuzioni. Da parte loro le parti sociali sono invitate a far
partecipare maggiormente le donne ai negoziati salariali; mentre gli Stati membri
dovrebbero fare il necessario per aiutare le donne a superare gli ostacoli per accedere
alle alte cariche.
La deputata belga Miet Smet ribadisce uno dei punti essenziali della questione: nelle
valutazioni e nelle decisioni legislative e lavorative bisogna tenere in maggior conto il
conto del lavoro atipico, svolto soprattutto dalle donne, e la relazione che esiste tra i
bisogni di un'articolazione della vita professionale con la vita familiare e il livello
dei salari. Sia in Europa sia negli Usa sono infatti le ragazze le principali protagoniste
della mobilità sia per il posto di lavoro che per lo stipendio, come risulta dallo studio
comparato che ho citato.
In tema di salario c'è un dato generale che emerge da questo studio: non è per niente
vera la tesi secondo la quale la rigidità del mercato del lavoro nelle economie europee
rallenterebbe la crescita dell'occupazione. Infatti Germania, Olanda e Regno Unito
presentano una mobilità in materia di salari più significativa che negli Stati Uniti;
solo la Francia è al livello degli Usa. In Francia e in Germania è più facile che negli
Stati Uniti per i lavoratori poco pagati veder progressivamente crescere i loro salari.
In aumento i posti a tempo pieno. Il Rapporto sull'occupazione nel 2001 contiene
altri dati interessanti. Ricordo che si tratta di un rapporto annuale destinato a fornire
un'analisi delle principali tendenze e prospettive in materia occupazionale nell'Unione
Europea nei paesi candidati, nel contesto degli obiettivi per il mercato del lavoro,
definiti ai Consigli europei di Lisbona e di Stoccolma.
Come ho già detto, da questa relazione risulta nel 2000 sono stati creati più di tre
milioni di nuovi posti di lavoro e che il tasso di occupazione è salito dal 62,3 al 63,3
per cento rispetto al 1999. La disoccupazione è diminuita di oltre 1,5 milioni di
persone, scendendo ad una media dell'8,2 per cento.
Per il terzo anno consecutivo, i nuovi posti di lavoro sono state più numerosi nella
categoria dei posti di lavoro a tempo pieno (circa il 70 per cento della creazione netta
di posti di lavoro, contro il 60 per cento nel 1999 e il 54 nel 1998) rispetto a quella
dei posti di lavoro a tempo parziale. Anche questo dato è interessante per le politiche
nazionali dell'occupazione e sconfessa la linea del governo Berlusconi, che punta sulla
flessibilità in uscita, cioè sulla possibilità di licenziamento anche sena giusta
causa.
La creazione di posti di lavoro è stata più sostenuta nel settore delle tecnologie
avanzate e in quelli ad alta intensità di conoscenze (più del 60 per cento dei posti di
lavoro creati tra il 1995 e il 2000). Tuttavia circa un quarto della manodopera europea è
concentrata in posti di lavoro di qualità inferiore, in cui mancano la sicurezza e la
formazione. In ogni caso, però, l'80 per cento degli europei sono molto soddisfatti del
loro lavoro e delle loro condizioni di lavoro, contro il 20 per cento, che si dichiara
scontento del proprio lavoro attuale.