ECONOMIA E LAVORO

Il Documento di programmazione economico-finanziaria e l'Europa
Il Patto di stabilità e crescita
non è più un obiettivo per Tremonti

Accetta di malavoglia le regole che rendono forte l'Euro

Il giudizio ed il voto negativo sul Documento di programmazione economica e finanziaria è stato espresso dal senatore Tino Bedin nel corso dell'esame del Dpef nella Giunta per gli Affari europei del Senato.

commento di Tino Bedin
segretario della Giunta per gli Affari europei

Di fronte a questo Dpef, a differenza di quanto avvenuto con i documenti di programmazione economico-finanziaria del passato, la Giunta per gli Affari europei deve non solo e non tanto soffermarsi sulle indicazioni politiche di settore, per verificarne la corrispondenza europea, ma si vede costretta a formulare una preliminare valutazione del quadro finanziario proposto dal documento.

Le indicazioni dell'Eurogruppo
La presentazione del Dpef è stata infatti preceduta dall'esame che i ministri delle finanze dei paesi membri della zona euro hanno fatto dei problemi aperti in alcuni paesi (Portogallo, Italia, Francia) per rispettare gli impegni per i deficit pubblici. In un delicato contesto, dove alcuni paesi chiedono di completare le disposizioni del patto di stabilità e crescita mentre altri lo considerano come "vecchio", il commissario europeo Solbes ha però ricordato ai paesi in difficoltà che devono attenersi agli impegni presi al Consiglio europeo di Siviglia.
In quella sede l'Italia ha annunciato di potersi basare, senza rischiare rimproveri della Commissione, su un deficit pubblico dello 0,8% nel 2003 e dello 0,5% nel 2004, mentre all'inizio dell'anno si era impegnata a portare il bilancio in equilibrio nel 2003 (cosa confermata a Siviglia).
Il ministro delle finanze italiano Tremonti, che è a favore di una flessibile interpretazione del Patto di stabilità, non è in quella sede riuscito a rassicurare i colleghi dell'Eurogruppo e il commissario Solbes. Il commissario europeo ha ribadito di aver chiesto all'Italia di confermare gli impegni: arrivare a una situazione di bilancio vicina all'equilibrio nel 2003 e all'equilibrio nel 2004.
Nella dichiarazione sulle politiche di bilancio l'Eurogruppo ribadisce comunque che il Patto di stabilità e di crescita dà un quadro solido per attuare politiche di bilancio sane nella zona euro, per arrivare a bassi tassi d'interesse, ad alti investimenti e alla crescita e all'occupazione. I ministri confermano l'impegno per le disposizioni del Patto e l'intenzione di raggiungere o mantenere le posizioni di bilancio vicine all'equilibrio o in eccedente sul ciclo economico. Si impegnano al rispetto di tali obiettivi a medio termine, al massimo nel 2004 (in base a quanto deciso al Consiglio Ecofin di Madrid).
I ministri ammettono nella dichiarazione che alcuni risultati di bilancio nel 2002 potrebbero essere al di sotto degli obiettivi fissati nei programmi di stabilità presentati lo scorso anno in parte per il ritardo per la ripresa economica e gli effetti dell'utilizzo di "stabilizzatori automatici". È in caso appunto dell'Italia.

Nel 2001 un Dpef irrealistico
Lo stesso Dpef per il 2003 evidenzia infatti il carattere assolutamente irrealistico delle previsioni contenute nel documento presentato dal governo lo scorso anno. Non si tratta più dunque di una valutazione solo dell'opposizione: è proprio il Dpef 2002 che registra la mancata realizzazione degli obiettivi di crescita del prodotto interno lordo, quindi il carattere irrealistico ed illusorio delle previsioni contenute nel documento presentato lo scorso anno.
Un organo come la Giunta per gli Affari europei deve dunque interrogarsi anche sulle lesioni alla credibilità della gestione delle finanze pubbliche prodotte dall'azione del governo; lesioni che la stampa internazionale in modo corale non ha mancato di rilevare.
Nel complesso si rileva nella politica del governo un atteggiamento di sfida alle regole europee. Il Patto di stabilità viene interpretato come un inutile e vessatorio vincolo e non piuttosto come un obiettivo condiviso. Lo stesso obiettivo del 2,2 per cento di indebitamento è ben lontano dall'obiettivo dell'azzeramento e, soprattutto, appare troppo vicino alla soglia del 3 per cento fissata dal Trattato di Maastricht. Il problema del debito pubblico non viene aggredito con il necessario impegno.

Nel 2003 l'Italia non avrà alleati
Di conseguenza le autorità comunitarie, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale hanno evidenziato il pericolo della tenuta dei conti pubblici italiani, messi a rischio da una serie di provvedimenti di "finanza creativa" adottati nel corso del primo anno di governo del Centrodestra e da forme di copertura una tantum a fronte di previsioni di spesa permanenti e di riduzione strutturale delle entrate.
La fragilità di questi interventi rischia di minare la fiducia su cui si fonda la forza della moneta unica. I problemi della finanza pubblica infatti non sono problemi solo italiani, ma devono essere visti con una prospettiva più ampia, come problemi che coinvolgono l'assetto dell'Unione.
Passato, dunque, questo che è un anno elettorale sia per la Francia sia per la Germania, sarà difficile trovare in questi importanti partner europei la sponda necessaria per richiedere un'interpretazione flessibile del Patto di stabilità.
Alla radice delle preoccupazioni dei competenti organi dell'Unione europea - al di là dei soliti tentativi di polemica innescati dal solito ministro Tremonti - c'è infatti la fragilità della manovra economica proposta dal governo, tutta essenzialmente fondata su entrate episodiche.
L'audizione della Corte dei Conti in Parlamento ha messo a nudo la precarietà e l'indefinitezza dell'intera architettura del Dpef ed in particolare la mancata copertura della riforma fiscale.
Le previsioni di crescita del prodotto interno lordo appaiono del tutto irrealistiche, anche relativamente all'1,3 per cento indicato per il 2002. Non a caso, su tali valutazioni si sono appuntate gran parte delle osservazioni critiche rivolte dall'Unione Europea al governo italiano.
Un ulteriore elemento di perplessità deriva dall'indicazione del tasso d'inflazione programmata all'1,4 per cento per il 2003: si tratta di una stima molto riduttiva, anche rispetto alle indicazioni provenienti da altri Paesi membri dell'Unione Europea.

Indebitarsi per le promesse elettorali
La manovra che il governo intende realizzare per il 2003 prevede che si recuperino 10,9 miliardi di euro ma non vengono fornite indicazioni esplicite sul modo di trovare questi soldi. Parrebbe evidente che Berlusconi intende procedere ad una riduzione della spesa corrente, ma se si considera, poi, che nel Patto per l'Italia, recentemente siglato con le parti sociali, oltre alla riduzione della pressione fiscale, si prevedono politiche espansive e non di razionalizzazione della spesa, appare preoccupante l'entità delle risorse che dovrebbe essere recuperata per fronteggiare l'intera manovra finanziaria.
L'indebitamento serve dunque non a finanziare politiche di sviluppo, ma a fare fronte a promesse elettorali fuori dalla realtà.
I governi di centro-sinistra, invece, negli ultimi due anni della legislatura passata hanno incisivamente ridotto la pressione fiscale sulle famiglie, proprio al fine di sfruttare il ciclo positivo e quindi creare le condizioni di un ulteriore sviluppo. Ciò ha comportato un incremento del livello delle spese che ha reso necessarie correzioni ai conti pubblici di un'entità non eccessiva, come chiaramente evidenziato proprio nel Dpef di quest'anno, contrariamente a quanto improvvidamente annunciato lo scorso anno dal Ministro dell'economia.
Del resto il Dpef ripropone, in molti settori, politiche antiche, non coerenti con il progetto europeo deciso a Lisbona e confermato a Barcellona proprio nel 2002.
Va rilevato, ad esempio, il carattere non sufficientemente incisivo degli interventi volti a rafforzare la concorrenza nel settore dei beni e servizi.
È insufficiente il livello di risorse nazionali destinate ad interventi previsti a favore della formazione professionale. Non vi è una previsione di investimento nazionale che attivi le risorse provenienti dal Fondo sociale europeo. Sono questi finanziamenti che - in particolare dopo l'allargamento dell'Unione - sarà più agevole ottenere, a condizione che l'Italia investa da parte sua. Invece non c'è una scelta strategica in questa direzione. Anche nel settore della formazione si conferma lo scarso livello delle risorse destinate complessivamente alla ricerca, che è ritornato a quello del 1999.
Il Dpef non sembra complessivamente armonizzato con l'evoluzione delle politiche europee di coesione. Per quanto riguarda il Sud, ad esempio, il Dpef si limita a proporre strade antiche (quella in particolare di destinare una quota fissa della spesa per l'investimento a interventi localizzati nelle regioni meridionali), mentre occorrerebbe insistere a livello comunitario sull'opportunità di concedere sgravi fiscali alle aree depresse del paese così da garantire una ripresa economica diffusa nell'intero territorio meridionale.
In materia di selettività degli incentivi all'occupazione, mancano del tutto indicazioni sulla stabilizzazione dei contratti di lavoro a tempo determinato, che pure costituisce un elemento rilevante della strategia dell'Unione Europea in materia di occupazione, e sulle misure da adottare per aumentare il tasso di occupazione degli anziani.

Una dannosa incertezza
Torno su un punto che ancora interessa la dimensione europea. Come ho detto, il Documento di programmazione economico-finanziaria non fornisce indicazioni precise sui contenuti della manovra. Mentre dimostra, senza volerlo, che qualcosa non ha funzionato nella strategia di politica economica del governo, non individua una strategia alternativa, ma si mantiene un grado di vaghezza che risolve solo rinviando alla legge finanziaria il compito di rendere manifesta l'azione di politica economica del governo.
Questa mancata trasparenza sta causando rilevanti danni economici: deprime infatti le aspettative positive degli operatori economici e compromette ulteriormente, in sede europea, la credibilità dell'Italia.

17 luglio 2002

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20 luglio 2002
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