EUROPEI

Con lo spirito che ha fatto nascere l'Europa
Una Comunità europea dell'energia
per ripartire dai bisogni dei cittadini

Dare agli europei il diritto di scegliersi il governo dell'Unione

di Tino Bedin

L'agenda istituzionale dell'Unione Europea elenca nel cambiamento climatico, nelle politiche sociali, nella difesa e nell'energia i temi da affrontare nel corso della Presidenza francese nel secondo semestre 2008. L'agenda politica il processo di integrazione dell'Europa a 27, dopo il "no" irlandese al trattato di Lisbona. L'agenda francese porterà a discutere di immigrazione, di Unione per il Mediterraneo e agricoltura. Un semestre è certamente troppo breve per portare a condivisione tutti questi obiettivi, che del resto sono assai complessi. La riforma della politica agricola comune, ad esempio, si incrocia con il Doha Round, cioè con il confronto sul commercio mondiale, e con il destino dei biocarburanti, diventati di attualità con l'esplosione dei prezzi dei cereali e la crisi alimentare dei paesi impoveriti.

Inutile discutere di calciatori. Eppure durante l'incontro con la stampa per la presentazione del Semestre di Presidenza il presidente francese Nicolas Sarkozy non ha rinunciato ad offrire scenari accattivanti per la Presidenza francese dell'Europa. Ha parlato di sport, immaginando un'eccezione sportiva alla libera circolazione dei lavoratori (Sarkozy trova anomalo che in nome della libera circolazione un club di calcio non possa vincolare un ragazzo di 14 anni dopo averlo formato). In materia di salute è possibile lavorare insieme sulle malattie infantili, il cancro o la malattia di Alzheimer. Temi cari all'opinione pubblica. Ma Sarkozy, come Berlusconi, ama immaginare senza preoccuparsi delle delusioni. La sanità, ad esempio, non è materia europea e la collaborazione potrebbe avvenire solo nel programma quadro sulla ricerca scientifica, programma già in corso e già finanziato. Sulla libera circolazione dei calciatori esiste già una storica sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo: difficile che si torni indietro.
Non è con quello che l'Europa non può fare che si rafforza l'Europa nell'opinione pubblica europea. L'importante è che l'Europa prenda decisioni - dico bene decisioni - sui temi in cui è competente e che interessano di più i cittadini. L'aumento dei prezzi dei carburanti, ad esempio, ha messo in risalto ancora una volta l'incapacità dell'Unione Europea a decidere rapidamente.
Non dico che sia facile creare questa capacità. Non basta il nuovo Trattato di Lisbona e non sarebbe bastato neppure il Trattato costituzionale di Roma, affossato da olandesi e francesi. Non basta la sola volontà dell'Europa, perché la scena è planetaria e non c'è un solo protagonista. Però è ora di provare ad avere coraggio: lo stesso coraggio che ebbero gli ideatori dell'Europa mezza secolo fa. Le sfide sono le stesse.

Il valore dell'Europa nel mondo. Cinquant'anni fa si trattò di bilanciare il peso di Stati Uniti e Unione Sovietica per evitare di diventare un'appendice delle una delle due superpotenze. Oggi l'Europa rischia nella globalizzazione: rischia politicamente. Il tema è stato ruvidamente riproposto proprio la settimana scorsa da Angela Merkel, ormai l'unico capo di governo che ragiona in termini continentali.
In un'intervista pubblicata nell'edizione tedesca del Financial Times, la cancelliera Merkel ha esplicitamente detto che bisogna spaccare l'egemonia anglosassone dei mercati finanziari, riferendosi sia agli Stati Uniti che al Regno Unito, considerati in pratica come un'entità unica. Senza entrare in dettagli tecnici, ha chiesto la trasparenza dei mercati finanziari, denunciando la loro opacità rispetto ai mercati industriali. Nell'industria, i clienti conoscono i prodotti che sono proposti, possono valutarli; per i prodotti finanziari, non è così. Infatti il sistema-euro, che è sempre più solido, non esercita l'influenza a cui avrebbe diritto sulle norme che regolano i mercati finanziari.
Insomma il ruolo e il posto dell'euro sono insufficientemente riconosciuti. Non è un peso puramente giuridico che Angela Merkel richiede, bensì un peso politico, cioè il diritto per la zona-euro (alla quale, per l'appunto, il Regno Unito non partecipa) di aver maggior potere nella definizione delle nuove norme in discussione al livello mondiale.

Ritornare alle avanguardie. Erano appena sei (di cui tre piccoli o piccolissimi come il Lussemburgo) i Paesi che hanno "cominciato" l'Europa. L'hanno cominciata, senza escludere ma anche senza attardarsi. Senza di loro non ci sarebbe l'Europa a 27 stati membri di oggi. Oggi c'è bisogno di ripartire dalle avanguardie. So che a molti - anche politicamente impegnati per l'Europa come Angela Merkel - non piace la prospettiva di un'Europa a due velocità, ma ormai la differenziazione è inevitabile; esiste nei fatti e va codificata e resa normale.
Spiega bene Jacques Delors: "Avremmo forse avviato il processo di Schengen (libera circolazione delle persone senza controlli ai confini) nel 1985, se avessimo dovuto aspettare l'accordo di tutti? La decisione è stata presa da cinque paesi su nove, e gli altri hanno seguito, tranne l'Irlanda e la Gran Bretagna. Avremmo fatto l'euro nel 1991 se fosse stato necessario l'accordo di tutti? Undici paesi su quindici erano a favore e rispettavano le condizioni. Dire questo non significa minacciare gli irlandesi, significa ricordare le condizioni dell'efficienza. Quello che era vero in 9 o in 15 lo è ancora di più in 27".
Una nuova "cooperazione rafforzata", come si definisce in "europeese" un accordo che riguardi solo parte degli Stati membri, dovrebbe riguardare l'energia. Sarebbe la risposta ad una serie di esigenze che i cittadini europei manifestano: dalla disponibilità di energia a prezzi sostenibili alla compatibilità ambientale dei consumi energetici. Lascio ancora la parola a Jacques Delors con il suo suggerimento di "istituire una Comunità europea dell'energia. In questo modo si avrebbe nel contempo una politica interna dell'energia, un mercato concorrenziale ed un atteggiamento comune nei confronti dei paesi produttori. Quando vedo questo balletto di Stati membri attorno a Putin e Medvedev, sono scandalizzato: l'Europa si rende ridicola. Bisogna costruire d'urgenza un'Europa dell'energia, a cui parteciperanno i paesi che lo vogliono. Gli altri seguiranno dopo, come è avvenuto per l'euro".

Insieme con i cittadini. Cinquant'anni fa i governi degli Stati fondatori dell'Europa avevano sicuramente dalla loro parte i cittadini, testimoni e attori della tragedia della guerra europea da poco conclusa. L'Europa era forte perché era fatta di anime e di speranze. Il mercato, che è stato ed è il "corpo" dell'Unione Europea, ha potuto camminare (e correre) perché c'era quell'anima. La sua stanchezza di oggi deriva dall'affievolirsi della spinga dell'opinione pubblica. "Non si fa il mercato per il mercato. Non si fa la concorrenza per la concorrenza", ha detto in questi giorni Adrien Zeller, presidente della regione francese dell'Alsazia, aggiungendo che bisogna permettere ai cittadini di essere fieri delle loro istituzioni.
L'Europa anche oggi può vivere solo insieme ai suoi cittadini. Meglio: solo se chi abita in Europa ha i poteri di un cittadino, cioè può scegliere il suo governo.

Il Ppe proporrà un nome agli europei. Al riguardo, il "no" ha anche un aspetto positivo: ha cancellato un calendario troppo rapido e affrettato per la nomina del presidente stabile del Consiglio europeo, del presidente della Commissione europea e dell'Alto rappresentante per la politica estera. I governi nazionali puntavano a decidere tutto nell'autunno 2008, senza dibattito e senza consultazione democratica. Questa terna rappresentativa dell'Europa sarebbe uscita da un'intesa costruita dalla diplomazia francese. Ora tutto è rinviato più a ridosso delle elezioni europee del giugno 2009 e sia governi che partiti non potranno non tenerne conto.
Interessante al riguardo l'orientamento assunto la setimana scorsa a Parigi dal Partito Popolare Europeo. Il Ppe si è prefisso l'obiettivo di essere in grado di dire in occasione di un congresso che si terrà nell'aprile 2009: "Se avremo la maggioranza al Parlamento europeo, il nostro candidato per presiedere la Commissione europea sarà il signor o la signora …". Il presidente della Commissione europea sarà quindi designato democraticamente da un partito e sarà sottoposto al vaglio degli elettori. Il Ppe chiederà alla persona candidata alla carica di presidente della Commissione di fare campagna nei 27 paesi dell'Unione.
Mi auguro che il Ppe sia di parola. Le altre forze politiche (socialisti, liberali, verdi) saranno costretti a fare la stessa scelta e le televisioni nazionali saranno indotte ad organizzare dibattiti tra i candidati dei diversi partiti. Per la prima volta, ci sarà un dibattito politico su scala europea. Se cominceranno a sentirsi cittadini in Europa, molti europei avranno meno motivazioni ad usare il voto nazionale per "difendersi" dall'Europa.

13 luglio 2008


13 luglio 2008
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Tino Bedin