SICUREZZA E DIFESA

DOMENICA 21 SETTEMBRE 2014

Nel museo della Grande Guerra a Timau, Alpi Carniche
Negli anni più belli, i giorni più tristi
I ragazzi a combattere in trincea, le ragazze a rischiare come vivandiere
   Mi sono messo in cammino al seguito di Papa Francesco. Sabato 13 settembre il Santo Padre è stato al Sacrario di Redipuglia. Nel centenario della Grande Guerra è andato pellegrino in quella distesa di lapidi per confermare la storica definizione di "inutile strage" coniata da Benedetto XV" e aggiungere la sua definizione: la guerra come una follia, come un fallimento. Papa Francesco ha voluto prevenire la tentazione che serpeggia in ogni celebrazione e che oggi porta qualche intellettuale a giustificare la Grande Guerra come occasione di emancipazione e progresso dei popoli e a definire "utile"' quel sacrificio, tentando di dare un senso a quei milioni di morti.
Con nella "bisaccia" quelle parole di Papa Francesco arrivo a Timau, una frazione di Paluzza (Udine) nelle Alpi Carniche. Qui c'è il Tempio Ossario dove sono raccolte le spoglie prima sparse nei cimiteri di montagna disseminati sul Fronte dell'Alto But e da quello militare di Timau. Era stato il parroco don Titta Bulfon a promuovere quest'opera di pietà e di riconoscenza e a portare qui tra il 1937 e il 1939 i resti 1763 caduti (298 ignoti italiani e 65 austro-ungarici) della Grande Guerra. Quando il Tempio di Timau fu consacrato eravamo alla vigilia della seconda Guerra Mondiale.
È la prima volta che sono a Timau. Avevo avuto modo di conoscere il Tempio Ossario come capogruppo alla commissione Difesa del Senato e mi era rimasto il desiderio di andarci di persona. Per questo comincio da qui il mio personale "giro" della Grande Guerra. La scelta è emozionante, non solo per il Tempio e lo scenario naturale delle Alpi che lo circondano. A Timau vedo anche cose di cui non ho finora sentito parlare.
C'è il Museo storico "La zona Carnia nella Grande Guerra": realizzato da volontari, gestito da volontari è una documentazione precisa del conflitto mondiale sulle Alpi Carniche: oggetti di vita quotidiana, armi, munizioni, oggetti bellici, vestiario, materiali in uso ai soldati sia italiani sia austriaci sulle postazioni sopra Timau, Pal Piccolo, Pal Grande, Pramosio. In una stanza è ricostruita un'infermeria e si dà un'idea della cura dei feriti. C'è soprattutto la vita dei soldati: come tentavano di scaldarsi, come mangiavano, come pregavano. Il Museo trasmette molte informazioni, meglio dei libri (anche se occorre averli letti e studiati, i libri, per capire gli oggetti). A sovrastare tutto c'è però un messaggio: la guerra non ha niente di sublime; la guerra è comunque una disgrazia. Ci si soffra, ci si muore. Nella prima sala del Museo i curatori avvertono subito il visitatore con una grande frase che riassume il tempo della Grande Guerra per i ragazzi che l'hanno fatta: "Negli anni più belli, i giorni più tristi".
È anche questo un pezzo di storia, letteralmente: la frase si ritrova infatti nella sezione del Museo in cui sono raccolti i graffiti dei militari sulla roccia.
E poi a Timau ci sono le "donne di guerra". Non le conoscevo. Qui hanno dedicato loro il monumento nella piazza della chiesa. Hanno un nome: sono le "portatrici carniche". Per i loro coetanei in armi queste ragazze salivano a piedi i sentieri con una gerla in vimini sulle spalle piena di provviste. Scarpette di panno e spalle grosse, rischiavano la vita anche loro, ogni giorno.
Il mio "viaggio" nella Grande Guerra ora avrà anche una compagnia femminile.

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8 ottobre 2014
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Tino Bedin