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Si trasforma il ministero delle Politiche agricole
Dal centralismo burocratico
al coordinamento dei centri di governo
dell’agricoltura italiana
A livello governativo la produzione di informazione e di progetti, mentre le decisioni e l’esecuzione passano attraverso il partenariato sia sociale che istituzionale

di Tino Bedin

Sul giudizio "pesano", letteralmente, le tonnellate di prodotti con i quali gli agricoltori italiani saranno presenti nell’Unione Europea. La verifica dell’azione di governo svolta dal ministro Paolo De Castro non può che partire dal "peso" dei risultati italiani nella messa a punto della nuova Politica agricola comune. Un esempio: per le carni bovine l’accordo (che pur mantiene i vincoli introdotti dalla riforma Mac-Sharry) è globalmente soddisfacente in quanto aumenta le risorse per l’Italia (9 per cento del plafond comunitario per il settore) ed introduce qualche elemento di flessibilità nella gestione dei premi. Risulta anche positivo l’incremento dell’importo del premio speciale per i bovini maschi e l’abbassamento a nove mesi di età per la sua erogazione, che consentirà di importare animali più giovani.
Dunque (ma vedremo altri aspetti), un peso rilevante, come testimoniano le convinte e documentate adesioni che a quei risultati hanno complessivamente espresse il mondo agricolo italiano.
Sono adesioni che segnalano un altro, politicamente più rilevante, obiettivo dell’attività del ministro Paolo De Castro e dei suoi sottosegretari Fusillo e Borroni: il partenariato come strumento di governo del settore agricolo nazionale. Il ministero delle Politiche agricole non è più (soprattutto non si sente più) l’unico motore della nostra agricoltura. Sta maturando la consapevolezza che la modernizzazione del settore primario non è solo una questione di organizzazione, ma anche, soprattutto, la scelta dei centri di governo.

A Bruxelles il ministro non ha trattato da solo
Il sostegno pubblico al settore agricolo è attualmente caratterizzato da un elevato numero di regimi, attribuiti alla competenza dell’Unione, dello Stato, delle regioni, di enti locali e di altri soggetti. Ciò ha determinato una eccessiva sovrapposizione degli istituti e dei livelli di programmazione, impedendo l’elaborazione di un progetto organico di politica agricola nazionale. La consapevolezza dell’urgente ristrutturazione organizzativa è ormai patrimonio comune, ma in questi mesi sempre più evidente appare un’altra consapevolezza: con la scelta di fare dell’agricoltura non un settore "protetto" ma una delle forme con cui l’Italia partecipa al mercato europeo e globale, sono i livelli di governo che vanno ristrutturati e messi in rete.
Non si tratta solo, e prevalentemente, di livelli istituzionali. Lo strumento del partenariato agricolo ha la prima, essenziale applicazione con le parti economiche e sociali. Si tratta di un metodo sperimentato proprio nella recente riforma della Pac a Bruxelles. Alle trattative hanno partecipato, in tempo reale, le organizzazioni agricole italiane: per questo il risultato emerso è stato inevitabilmente sentito da molti come "proprio".
Si tratta di un metodo da continuare e da affinare per l’immediato futuro. Alla luce delle difficoltà incontrate nel precedente periodo di applicazione della Pac, l’obiettivo del perfezionamento del partenariato con le parti economiche e sociali è fondamentale. E’ necessario promuovere modalità attuative della Pac che, nel rispetto del nuovo quadro normativo, prevedano un diretto coinvolgimento delle parti economiche e sociali nelle procedure di programmazione, attuazione e monitoraggio, in uno spirito di collaborazione pubblico-privato. Il partenariato deve coprire l’intera fase di governo dell’agricoltura: quindi oltre a quella progettuale, anche quella attuativa. Per quest’ultima, il rapporto tra le amministrazioni di riferimento a livello regionale, nazionale e comunitario deve tradursi in una reale forma di semplificazione delle procedure, limitando i vincoli burocratici, i ritardi amministrativi e garantendo flessibilità di intervento.

Nuovo impegno di governo e parlamento
La metodologia del "partenariato" che il ministero delle Politiche agricole sta contribuendo a rendere stabile, riguarda ovviamente anche i livelli istituzionali. Al riguardo proprio l’ultima trattativa sulla Pac ha segnalato un ulteriore risultato politico, di cui occorre dare atto, per consolidarlo. Tra la conclusione della trattativa condotta dal ministro Paolo De Castro a Bruxelles e l’effettiva approvazione al Consiglio europeo straordinario di Berlino c’era stato il timore che i rilevanti risultati ipotizzati potessero essere "sacrificati" dal governo italiano sul tavolo della trattativa globale. Questo non è avvenuto; l’agricoltura è entrata a pieno titolo fra le priorità della politica italiana. E’ un risultato utilissimo per il presente, ma destinato a cambiare gli scenari per il futuro: avere tutto il governo dietro a sé è per Paolo De Castro una condizione, da lui del resto già fatta pesare, per trattare meglio nelle questioni ancora aperte.
Una terza novità politica si registra anche nel "partenariato" tra ministero delle Politiche agricole e parlamento. Il dibattito che ha coinvolto l’aula del Senato sul rapporto fra agricoltura e politica euromediterranea ha evidenziato che anche sul fronte parlamentare si è acquisita la volontà di essere interlocutori specifici di ogni politica che riguardi l’agricoltura, senza delegare alla politica estera o alla politica comunitaria decisioni che hanno un peso rilevante sulla programmazione agricola.
Infine il "partenariato territoriale". Il riordino del Ministero delle Politiche agricole, una volta superati i problemi sollevati in sede di registrazione del provvedimento da parte della Corte dei conti, deve essere considerato come un risultato significativo dal punto di vista della semplificazione e dello snellimento dell’apparato ministeriale che costituiscono le condizioni per la riforma "federalista" prevista dalla "normativa Bassanini". L’obiettivo primario del Mipa deve essere quello di promuovere un unitario progetto programmatico, nel rispetto dei principi costituzionali "federali" in tema di agricoltura, destinando a ciò le risorse finanziarie dell’Unione europea, relative alle politiche strutturali, e le risorse nazionali.

Verso la legge di orientamento agricolo
L’avvio della nuova fase della politica di sviluppo per il settore agricolo, deve coincidere con l’armonizzazione operativa dell’insieme degli strumenti, nazionali e comunitari, che garantisca le necessarie certezze sugli indirizzi, sulle scelte programmatiche, sulle procedure di attuazione e sulle risorse finanziarie disponibili.
In questa visione, insieme operativa e di programmazione, si inserisce lo studio di una legge di orientamento in agricoltura, cui il ministro è impegnato. Si tratta del primo approccio ad una ricognizione delle problematiche del settore agricolo, alle quali dare una diversa organizzazione o un innovativo riferimento legislativo. Diventa, ad esempio, indispensabile affrontare il nodo della definizione delle figure e delle attività da considerare agricole; definizione che va coordinata con i relativi effetti sul piano fiscale e previdenziale.
Certamente la "dispersione" delle fonti legislative rappresenta un obiettivo problema per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale. Le modifiche proposte vanno comunque valutate attentamente, perché a volte si pongono in contrasto con altri orientamenti legislativi adottati di recente. Cito alcuni casi: la totale equiparazione di qualunque società agricola all’imprenditore agricolo a titolo principale oppure l’estensione, seppure provvisoria, del regime forfetario a tutte le forme societarie, ai fini dell’Irpef.
E’ in ogni caso una occasione importante per passare in rassegna i problemi, per rimuovere le difficoltà organizzative (dalle questioni fondiarie all’economia contrattuale, dal mercato del lavoro ai sistemi di qualità), per razionalizzare e specializzare la strumentazione esistente.

Rendere operative le conquiste agricole in Europa
Siamo così alle politiche agricole specifiche. L’impegno e l’azione svolti dal ministro Paolo De Castro e, come si è detto, dal Governo nel suo complesso riguardo all’approvazione di Agenda 2000 al Consiglio europeo di Berlino costituiscono due momenti cruciali dell’ultima fase politica per il settore agricolo. La traduzione in testi normativi, in corso di elaborazione, richiederà da parte del ministro un ulteriore impegno per consolidare il buon risultato raggiunto.
Ad esempio, per quanto riguarda i cereali, l’accoglimento della proposta italiana di aumentare la resa storica di riferimento, assieme alla maggiore compensazione per tonnellata e alla possibilità di mantenere una differenziazione per il mais, determinerà – se bene utilizzata – un aumento delle compensazioni che potrebbe, sia pure parzialmente, mitigare la riduzione degli aiuti.
Per il latte sono state accolte completamente le richieste di riforma del settore che, nell’ambito di una più equa ripartizione delle quote fra i paesi membri, permette di guardare con fiducia al futuro del comparto, in quanto offre la possibilità concreta di recuperare la critica situazione di squilibrio tra produzione e quantitativo di riferimento nazionale. Positivo è anche il posticipo all’annata 2005/2006 della riduzione di prezzi istituzionali: ciò consentirà al settore di assestarsi e consolidarsi prima di affrontare le nuove sfide del mercato.
Novità da gestire anche nel settore vinicolo, per il quale il giudizio è sostanzialmente positivo in quanto sono state accolte diverse richieste italiane. Non vi sono più le quote di produzione per ciascun paese, anche se resta il divieto di nuovi impianti. E’ venuta meno la distillazione obbligatoria ed è stato individuato un sistema di regolarizzazione di alcuni vigneti che interessano anche i nostri viticoltori.

Applicare subito le disposizioni finanziarie
Uno strumento per governare l’impatto della nuova Pac sul settore agro-alimentare italiano è il disegno di legge per la razionalizzazione degli interventi nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale. In esso il governo definisce gli indirizzi relativi alle modalità di programmazione nel sistema agroalimentare e lo stanziamento di risorse per un periodo di tre anni (dal 1999 al 2001). Il provvedimento prevede che siano definite le linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi nel settore agricolo allargato e le indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali. Dal disegno di legge risulta un positivo collegamento con tutte le risorse finanziarie destinate all’agricoltura a livello regionale, nazionale ed europeo con l’obiettivo di dare organicità alla programmazione degli interventi nel sistema agroalimentare adottati ai diversi livelli istituzionali.
Questa proiezione va accompagnata però, come in più occasioni è stato sottolineato dalla commissione agricoltura del Senato, all’impegno del ministero per l’attuazione concreta, attraverso precisi riferimenti finanziari, degli interventi previsti dal decreto legislativo 173 su contenimento dei costi di produzione.
Nuovo ministero e nuova agenzia di intervento
Ritorno in conclusione al tema politico centrale di questa fase della nostra agricoltura. Anche sul piano interno, gli indirizzi di politica agricola nazionale sviluppati in base al metodo del partenariato, hanno determinato importanti risultati, il cui consolidamento deve costituire l’obiettivo primario del prossimo periodo di programmazione. Particolare rilievo ha l’approvazione dei regolamenti per la riorganizzazione del ministero e per l’istituzione dell’agenzia per le erogazioni in agricoltura.
Comincio dall’Agea. Sullo schema di decreto legislativo, con cui il Mipa propone l’istituzione dell’Agenzia, la commissione bicamerale per la riforma amministrativa ha espresso parere favorevole con una serie di osservazioni. Il Parlamento ha fatto proprie le esigenze di riforma dell’Aima per dare certezza ed efficienza al sistema che regola gli interventi sui mercati comunitario e nazionale.
Mi pare di poter osservare che con il decreto legislativo si superano i limiti e le disfunzioni registrati, attraverso chiarezza e snellezza nelle procedure. In particolare sottolineo con favore il processo di decentramento regionale degli organismi pagatori, che avverrà attraverso la contestuale assunzione da parte dell’Agea del ruolo di coordinatore e di responsabile nei confronti dell’Unione europea, che consentirà una uniforme applicazione della normativa comunitaria.
Al ministero, l’istituzione dei dipartimenti delle politiche di mercato e della qualità dei prodotti agro-alimentari, l’individuazione di un unico centro di responsabilità per il coordinamento delle strutture di diretta collaborazione con il ministro, la soppressione degli organi collegiali, il mantenimento della unitarietà organizzativa del Corpo forestale costituiscono elementi utili ad ottenere, finalmente, un ministero capace di assolvere compiti di programmazione e di elaborazione di politica agro-alimentare da rivolgere alle regioni, all’Unione europea e ad organismi internazionali. Credo si possa realizzare una struttura con personale qualificato, votato alla produzione di conoscenza e di informazione più che alla gestione degli affari correnti.

13 maggio 1999


13/5/1999
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