VECCHIAIA

RASSEGNA STAMPA

Corriere del Veneto
22 luglio 2014
Gianni Favero

Sei su dieci non arrivano a 750 euro al mese
Pensionati sempre più poveri,
arrivano gli psicologi di sostegno

In Cadore nasce un servizio apposito: "In montagna la solitudine si sente di più"

VENEZIA - C'è, a Venas di Cadore, da circa un mese, un ufficio anonimo e più riservato di un confessionale. Ci lavorano psicologi e assistenti sociali della Usl che ricevono su appuntamento. Non è pensato per imprenditori distrutti da debiti e fallimenti né per coppie in bilico sulla separazione. È per gli anziani poveri del Cadore, uomini e donne delle terre alte" con pensioni difficili anche solo da pronunciare, isolati per metà dell'anno da sentieri nevosi che rendono non autosufficienti chi ha ancora le gambe buone e amplificano la solitudine di chi ormai sente parlare solo la propria televisione. Ed è anche per le loro famiglie.
"Cadore e Comelico fanno 27 abitanti per chilometro quadrato, un decimo rispetto alla media veneta - spiega Renato Bressan, segretario generale Spi Cgil Belluno - e c'è gente che se non la vai a prendere nemmeno va più dal medico o dal farmacista".
La povertà di una pensione da 500 euro al mese non è una povertà come giù in pianura. Qui, con tutto il silenzio che c'è, i cattivi pensieri hanno più tempo per mordere e troppe volte vincono loro. Così una ventina di sindaci si è messa d'accordo e ciascuno versa 500 euro l'anno per aiutare l'azienda sanitaria a tenere aperto il presidio.
Se n'è parlato ieri, a Treviso, nel corso di un incontro fra i vertici dei sindacati pensionati di Cgil, Cisl e Uil con i parlamentari veneti, sede in cui sono emersi i dati Inps aggiornati a giugno 2014. Nel Veneto sei pensionati su dieci percepiscono meno di 750 euro al mese e quasi uno su quattro non arriva a 500 euro. "Prendete questo quadro e proiettatelo sull'alto bellunese. Le imprese manifatturiere - continua Bressan - hanno chiuso quasi tutte e la cassa integrazione è un'esperienza comune. Le famiglie tendono a tenersi in casa i "grandi anziani" per integrare questo sussidio a quella pensione, condizione che può anche essere sostenuta fino a quando la non autosufficienza è un fatto muscolo-scheletrico. Quando arriva la perdita cognitiva, però, non rimane che la casa di riposo".
L'equilibrio finanziario si spezza, nella muta dignità montanara, dato che, quando va bene, sono almeno 1.600 euro da versare ogni mese. Si intaccano i risparmi fino al punto in cui è possibile e poi non si sa. Adesso c'è questo centro ben nascosto a Venas, senza un indirizzo e un numero verde da diffondere sui giornali. Chi ne ha bisogno - e in poche settimane è successo, eccome - senza far chiasso sa dove trovarlo. "Che fine ha fatto - si sono chiesti ieri Bressan, Antonio Confortin (Uil Pensionati Belluno Treviso) e Francesco Rorato (FNP Cisl Belluno Treviso) - la legge regionale sulla non autosufficienza? Quella italiana è una società che invecchia drasticamente, le rette delle case di riposo non sono supportabili con queste pensioni. È necessaria una seria riforma delle Ipab e della loro gestione, anche per far mettere sullo stesso piano in materia di costi, e quindi di rette, le strutture pubbliche e quelle private, quest'ultime oggi sicuramente avvantaggiate sul versante fiscale".

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