SALUTE

Nelle proposte del Partito Democratico del Veneto
Premonitrice descrizione-valutazione
del Servizio sanitario regionale Veneto

Può essere utile per domani; per oggi il "grazie" al personale sanitario

Il gruppo strategico Sanità e Sociale del Partito Democratico veneto ha pubblicato il 15 gennaio 2020 (quindi senza nessun riferimento alle difficoltà poi emerse e continuate con il Covid-19) un documento dal titolo "Proposte di programma su Sanità e Sociale del Partito Democratico".
Il testo è destinato al confronto e alla proposta in vista delle elezioni regionali di quest'anno. Contiene, come dice il titolo, soprattutto le proposte del PD per il Servizio sanitario regionale.
Le proposte - necessariamente - scaturiscono da una descrizione e valutazione della situazione esistente. Le righe iniziali del documento sono al riguardo anticipatrici - senza volerlo - di quello che sta succedendo:

La situazione del Sistema Socio-Sanitario Regionale (SSR) del Veneto è di grave crisi, al di là di alcuni macro indicatori positivi che sono sbandierati come "il tutto".
Il personale sanitario, a prezzo di fatiche non più sostenibili, sta di fatto reggendo il peso dell'intero sistema per garantire i servizi a pazienti e cittadini.
Della descrizione-valutazione contenuta nel documento del Partito Democratico del Veneto abbiamo redatto una breve antologia. L'antologia qui proposta riguarda solo le parti descrittive della situazione. Il documento integrale del PD Veneto è di una decina di pagine, che contengono prevalentemente il progetto dei Democratici per il settore socio-sanitario del Veneto: utile ormai per domani. Per oggi rinnoviamo il "grazie" dei Veneti ai loro medici, infermieri, assistenti, operatori.

22 marzo 2020

Proposte di programma su Sanità e Sociale
del Partito Democratico del Veneto

15 gennaio 2020

Risorse umane
Sull'onda del solito mantra dell'eccellenza si sta negando la situazione drammatica in cui si trova a lavorare il personale sanitario. I carichi di lavoro e lo stress sono oramai insostenibili. Se parte del problema è legato alla non disponibilità di Medici specialisti da poter assumere, certamente vi è un altrettanto grande problema di uscita anticipata di Medici e di altro personale sanitario esperto dal SSR veneto. Molti si licenziano ben prima dell'età pensionistica per poi lavorare nel privato (magari convenzionato!) e la stragrande maggioranza dei professionisti, appena matura gli anni per andare in pensione, ci va e non prosegue al lavoro per gli anni aggiuntivi che sarebbero consentiti.
I dati nazionali indicano che in Veneto tale fuga dal pubblico è tra le più alte tra le Regioni italiane.
Con tale grave carenza di personale e con i professionisti esistenti di età media molto avanzata e a rischio burn-out, la Sanità veneta rischia seriamente un vero e proprio collasso (degli 8000 Medici mancanti in Italia, ben 1300 sono relativi al solo Veneto!).
L'elevato numero di auto-licenziamenti dei professionisti dipende dal fatto che le situazioni di difficoltà oggettiva non sono state presi preventivamente in adeguata considerazione.

Servizi ospedalieri
L'organizzazione in ospedali hub e spoke applicata troppo rigidamente, sta portando una notevole concentrazione di attività negli hub (spesso senza adeguato rafforzamento degli organici e delle tecnologie), impoverendo ed indebolendo però gli spoke periferici che diventano poco appetibili per i cittadini e per i professionisti. La rete quindi viene sempre più messa in discussione senza garantire omogeneità di assistenza.
La nuova organizzazione ospedaliera risente dell'accentramento di moltissime funzioni negli ospedali capoluogo (hub), a scapito degli altri ospedali (spoke), con conseguenti disagi degli utenti e malcontento degli operatori. In questo momento si assiste al paradosso che via via più funzioni di servizi specialistici vengono chiuse negli ospedali periferici e dall'altro si portano al collasso gli ospedali provinciali. E' di fatto fallita la declinazione operativa di tale modello attuata da Zaia e che quindi va rivista rendendola coerente ai reali bisogni delle popolazioni di riferimento. Peraltro genera sconcerto la continua acquisizione di apparecchiature costosissime di altra tecnologia (es. per la chirurgia robotica) negli ospedali spoke che restano assolutamente sottoutilizzate.
Tra i tanti tagli attuati negli ospedali dalle ultime schede recentemente approvate preoccupa in particolare quello della soppressione di tutte le lungodegenze del Veneto. In sostituzione verrebbe attivato un numero molto inferiore di posti letto di Ospedali di comunità (ancora per lo più solo sulla carta), con ridotte prestazioni infermieristiche e mediche e quindi con standard assolutamente non paragonabili. Ed inoltre negli Ospedali di comunità è prevista la compartecipazione della spesa da parte dei pazienti dopo il trentesimo giorno di degenza e per URT dopo il sedicesimo giorno di degenza con aumento progressivo dopo il sessantesimo giorno.
Il progressivo scivolamento verso la privatizzazione della sanità veneta riguarda i servizi socio-sanitari, le attività ambulatoriali della specialistica e diagnostica, la riabilitazione, ma sta occupando anche i servizi di diagnosi e cura e la Medicina generale. Tutto ciò preoccupa perché aree importanti dei diritti alla salute sono sottoposte alle logiche inaccettabili del business. E' funzionale a questo disegno l'inerzia nell'affrontare il problema delle liste di attesa. La propaganda delle aperture serali e festive ha alzato una cortina fumogena sui problemi non risolti della carenza di personale. Né rappresenta una soluzione la facile scorciatoia del ricorso agli appalti dei servizi di assistenza con grave pregiudizio per la tutela dei diritti delle persone in condizione di maggiore fragilità.

Servizi territoriali
Ancora più grave quanto sta succedendo ai servizi territoriali: non sono decollate le strutture intermedie né le medicine di gruppo integrate. Si stanno facendo notevoli passi indietro: il modello delle medicine di gruppo integrate è stato abbandonato e si sono collocati gli ospedali di comunità presso le strutture ospedaliere, appaltando i servizi, e nelle case di cura private!
Le strutture intermedie (Ospedali di comunità, Unità riabilitative territoriali, Hospice) sono per lo più rimaste sulla carta o sono state snaturate (gli ospedali di comunità sono stati "spostati" dentro gli ospedali di fatto in sostituzione delle lungodegenze).
Le strutture intermedie diventano cruciali in un sistema con pochi posti letto per acuti e con una popolazione molto anziana affetta da patologie croniche. La loro realizzazione ed il loro collegarle da un lato agli ospedali e dall'altro ai Medici di Medicina Generale ed ai servizi territoriali è un punto irrinunciabile per un sistema sanitario regionale che vuole garantire servizi essenziali ai cittadini.
È stato dato uno stop alla creazione delle Medicine di Gruppo Integrate. Si è smesso di sviluppare e valorizzare la medicina generale, essenziale per la presa in carico delle persone nel territorio e il decongestionamento degli ospedali. Non va dimenticato che vi sono circa 18.000 pazienti presi in carico dall'Assistenza Domiciliare Integrata che di fatto rappresenta una sorta di "rete ospedaliera nel territorio" che vede coinvolti, oltre agli Infermieri del servizio, anche le figure dei MMG e alcune figure di Medici specialisti.
Si vogliono sottrarre la cronicità grave e la non autosufficienza ai MMG per affidarla gradualmente alla sanità privata accreditata, copiando il modello lombardo - già abbandonato - e camuffando come innovativa la volontà di rompere il rapporto di fiducia fra medico di famiglia e paziente, nella fase più critica della vita di una persona.

Estratto e titolazione a cura della redazione di Euganeo.it

22 marzo 2020
sal-049
scrivi al senatore
Tino Bedin