RASSEGNA STAMPA

Corriere della Sera
7 maggio 2006
di Maurizio Ferrera

Zapatero, il lavoro, le imprese
Patto antiprecarietà, il modello spagnolo

Dopo aver modernizzato i diritti civili, Zapatero ha aperto un nuovo fronte sul terreno dei diritti sociali. Martedì sindacati e imprenditori firmeranno un «accordo sulla riforma del lavoro», che il governo recepirà immediatamente in un decreto legge. Oggetto dell'accordo è la lotta alla temporalidad, al lavoro precario: una sfida particolarmente pronunciata in Spagna, ma che affligge molti altri Paesi, a cominciare dal nostro.
L'accordo è l'esito di un lungo negoziato durante il quale il governo è riuscito a comporre i vari interessi in gioco. Il primo interesse è stato ovviamente quello dei lavoratori precari: quasi il 34% degli occupati, il doppio della media Ue. Per arginare questa piaga l'intesa prevede un plano de choque, una scossa immediata: tutti i contratti a termine che saranno trasformati in contratti a tempo indeterminato entro il 2006 beneficeranno di una riduzione straordinaria dei contributi. Le misure strutturali consisteranno invece in un mix di «bastoni e carote». Tra i primi, spicca il «divieto di catenaccio»: le imprese dovranno trasformare in lavoratori stabili tutti quei dipendenti che hanno avuto più contratti temporanei per lo stesso tipo di lavoro nell'arco di un biennio. Fra le carote, vi sono invece sgravi contributivi per l'assunzione a tempo indeterminato dei cosiddetti outsider: giovani fino a trent'anni, donne, disoccupati ultraquarantacinquenni, disabili.
I sindacati hanno appoggiato le misure anti-precarietà, ma hanno anche portato a casa una conferma importante per la loro base tradizionale (gli insider): il contratto a tempo indeterminato «ordinario» conserva le tutele esistenti, in particolare quelle che riguardano l'indennità di licenziamento. Inoltre sono state accolte due altre rivendicazioni: l'aumento delle prestazioni di disoccupazione e l'introduzione di limiti alla cessione di manodopera da un'impresa all'altra.
I datori di lavoro hanno accettato l'accordo grazie a due importanti concessioni. La prima è venuta da parte governativa: la riduzione dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione. La seconda è venuta da parte sindacale. I contratti a tempo indeterminato originati dalla conversione di contratti temporanei prevedranno un'indennità di licenziamento più bassa. Questo è stato un punto molto controverso, sul quale era fallito il negoziato promosso da Aznar nel 2003.
Secondo alcune stime, la riforma consentirà la trasformazione di almeno mezzo milione (forse persino un milione) di lavoratori precari in lavoratori stabili entro due anni, allineando la Spagna ai valori medi Ue. L'accordo di Madrid è il primo «patto sociale contro la precarietà» a essere siglato in Europa. Zapatero ha bagnato il naso non solo al suo predecessore, ma anche al collega Villepin, che ha infuocato la Francia con il suo «contratto di primo impiego».
L'esempio spagnolo è ovviamente di estremo interesse per il nostro Paese. L'obiettivo di un nuovo patto sociale è già di fatto in agenda anche da noi. Teniamo però presente che Zapatero ha impiegato 14 mesi a mettere d'accordo tutti, disponendo di una maggioranza parlamentare ben più ampia e coesa di quella che sosterrà Prodi. Questi tempi sono troppo lunghi: il nuovo governo dovrà dare subito qualche segnale sul fronte economico e sociale. Gli spunti che Zapatero fornisce per il segnale sono almeno due. Innanzitutto il plano de choque: un pacchetto di misure urgenti e straordinarie contro la precarietà e per la crescita potrebbe essere varato subito anche in Italia. Il secondo spunto viene dalle modalità d'avvio del negoziato spagnolo: nel luglio 2004 (tre mesi dopo il suo insediamento) Zapatero siglò con le parti sociali una «dichiarazione sulla competitività, l'occupazione stabile e la coesione sociale», che fissava obiettivi e procedure per le intese da raggiungere (comprese quelle sulle pensioni e sulla contrattazione collettiva, date anch'esse per imminenti a Madrid). Col senno di poi, quella dichiarazione fu una mossa azzeccata. Forse potrebbe esserlo anche per Prodi?

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7 maggio 2006
rs-06-029
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