RASSEGNA STAMPA

ItaliaOggi
6 agosto 2009
Mario Lettieri, Paolo Raimondi

Il confronto storico
Obama potrebbe tornare al New Deal di Roosevelt
Inevitabile il paragone con il presidente che risollevò l'economia americana negli anni trenta

Anche se successivamente si è corretto, Barack Obama è stato un po' imprudente a dichiarare che "siamo all'inizio della fine della crisi". Certo è che i suoi consiglieri lo hanno spinto a rassicurare l'elettorato che, colpito dalla disoccupazione e dalla insicurezza sociale, sta perdendo fiducia nel suo presidente.
Si è sempre paragonato l'attuale crisi finanziaria ed economica con la Grande Depressione del 1929-33. Se analizzassimo sinteticamente quello che è stato fatto nei mesi passati con gli interventi messi in campo dal presidente Franklin Delano Roosevelt, vedremmo che c'è ancora molta strada da fare per rimettere la nave dell'economia americana sulla giusta rotta.
Roosevelt lanciò il famoso New Deal, un pacchetto di programmi economici per realizzare le "tre R", Relief (assistenza per i disoccupati), Reform (del sistema bancario) e Recovery (ripresa dell'economia produttiva). L'economia americana annaspava con il 25% di disoccupazione, un crollo dei prezzi del 50%, con fallimenti di industrie e di famiglie con mutui impagabili.
Realizzò la riforma della Emergency Banking Act e, dopo aver chiuso per alcuni giorni l'intero sistema bancario, lo rimise in moto sottoponendolo ad una sorta di riorganizzazione per bancarotta. Con la legge Glass-Steagall stabilì la separazione delle banche commerciali da quelle di investimento per porre fine alla speculazione. E introdusse una supervisione sulle operazioni bancarie, sui crediti e sugli investimenti. Favorì la creazione della "Commissione Pecora" (dal nome del senatore italo americano Ferdinand Pecora), che sfidò le lobby della finanza cominciando dal suo numero uno, J.P. Morgan. Nel contempo iniziò subito la guerra contro la Depressione rimettendo in moto l'economia reale e l'occupazione. Fu lanciata la Public Work Administration (l'agenzia per i lavori pubblici) che, con un fondo di partenza di 3,3 miliardi di dollari, iniziò una serie di lavori che ebbero un effetto moltiplicatore per l'economia e l'occupazione. Il New Deal mise in moto 50 mila progetti infrastrutturali.
Poi Roosevelt realizzò il Social Security System che garantiva per la prima volta l'assicurazione contro la disoccupazione e un sistema pensionistico moderno, copiato poi da altri stati del mondo. Garantì anche il diritto di tutti i lavoratori di organizzarsi in sindacati.
L'uscita dalla depressione non fu indolore e fu di lunga durata, fino a collegarsi con la seconda guerra mondiale.
Oggi la crisi ha caratteristiche diverse, in primis la sua dimensione globale, il ruolo preponderante della finanza e una situazione geopolitica molto differente.
Obama si trova di fronte a una lobby finanziaria molto più potente, quindi, la lotta contro gli speculatori è molto più complessa. Anche se la recente Financial Regulatory Reform indica alcune importanti regole e modifiche da apportare al sistema bancario e finanziario, lascia comunque quasi intatto l'apparato che ha prodotto le bolle dei derivati e del debito. Va bene sottoporre gli hedge fund speculativi alle stesse regole delle banche e delle assicurazioni ma poi, per modificare i meccanismi della crisi, bisognerebbe incidere il bisturi a fondo nelle operazioni in derivati Otc, nei titoli tossici.
Ma il problema più ostico è la qualità degli interventi nell'economia reale. L'amministrazione di Obama ha sottoscritto pacchetti di stimoli economici per centinaia di milardi di dollari: 800 mld con un solo pacchetto e migliaia di mld di liquidità per le banche in crisi. Però, ha lasciato le banche a gestire gran parte di questi fondi, sperando che li trasformino in crediti e in nuovi investimenti. Roosevelt aveva, invece, creato delle nuove strutture sotto la direzione dello stato, per convogliare le risorse verso progetti strategici. Anche Obama dovrebbe cambiare metodo e tornare in modi moderni ai principi del New Deal, pilotando direttamente interventi contro la disoccupazione.
Il presidente degli Stati Uniti sta giocando tutte le sue carte con la riforma del sistema sociale nazionale. Quando si opera su una riforma di così grande portata è inevitabile che ci siano delle differenze e delle polemiche, ma Obama intende affrontare una questione storica, quella di dare un servizio sanitario a tutti gli americani, anche ai quei 50 milioni di poveri, che la società del consumo ha lasciato fuori dalla porta. Di ciò e della sua capacità di riforma bisogna dargli atto.

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17 agosto 2009
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Tino Bedin