CADONEGHE

La presentazione del libro "Industriosa Cadoneghe"
In fabbrica a fare gli imprenditori di se stessi
Qui tutti sono stati protagonisti: operai e imprenditori, collaborando o lottando, mai solitari

Lettera Libri ha pubblicato il terzo volune di Albino Bellon sulla storia di Cadoneghe dal titolo "Industriosa Cadoneghe". Come per le precedenti due ricerche, anche per questa la presentazione è stata scritta dal senatore Tino Bedin, che in questo comune della Grande Padova è cresciuto e si è formato culturalmente e politicamente, anche alla scuola proprio di Albino Bellon.

di Tino Bedin
senatore

Per molti degli anni della seconda metà del secolo scorso Cadoneghe è stato un Comune "diverso" in provincia di Padova. L'aspetto più visibile di questa diversità era la scelta politica di numerosi suoi cittadini: scelta di Sinistra quando tutto attorno prevaleva il Centro. Questa diversità politica era così visibile e soprattutto misurabile elettoralmente, che induceva molti a ritenere che da essa derivassero altre indubbie originalità: nella composizione sociale, nello sviluppo, nella scolarizzazione, nei servizi. Non è stato però così. Anche negli anni in cui l'amministrazione comunale era a guida democratico-cristiana, Cadoneghe ha continuato ad esprimere la sua diversità rispetto ai Comuni confinanti, anticipando spesso sia dibattiti che decisioni.
Ora che l'intero panorama politico è cambiato - non solo a Cadoneghe - tanto che anche in questo Comune persone che si erano diversificate e scontrate sono ora impegnate in proposte politiche unitarie; ora che la politica non spiega più la vita, è più agevole entrare nel cuore di Cadoneghe. Ora si riesce a intuire che a fare la differenza, quella profonda, quella che ha determinato anche la diversità politica, è stato il lavoro. È stato il modo di intendere il lavoro: come valore, quello che la Costituzione mette alla base della nostra Repubblica; quindi il lavoro di tutti, affittuari agricoli, operai, imprenditori di se stessi, botteghe artigiane e imprese familiari, il lavoro delle donne in casa, per alcuni anni anche il lavoro dei ragazzini. Ogni lavoro era rispettato perché prezioso.
A fare la differenza è stato infatti anche il modo di praticare il lavoro. Il lavoro come vita: destinato prima di tutto a costruire e a distribuire con più opportunità ed equità il futuro e poi a distribuire i soldi.
Anche chi è venuto "da fuori" a fare impresa qui ha dovuto fare i conti con questo spirito popolare: in alcuni casi lo ha arricchito, in altri lo ha contrastato, ma non ha potuto ignorarlo. Penso all'ingegner Oblach, che con la sua officina impiantata alla confluenza del Muson nel Brenta è il vero iniziatore della Cadoneghe operaia: è forse estranea allo spirito di Cadoneghe la sua decisione di non cedere ai fascisti e di ritirarsi dall'attività piuttosto che dover rendere conto del suo lavoro?
C'è anche la storia di questo imprenditore ebreo nel terzo libro che Albino Bellon dedica a Cadoneghe. Il libro - come l'autore spiega nella prefazione - era nato dal desiderio di lasciare una documentazione compiuta, sia attraverso le fonti che attraverso le testimonianze, sul capitolo più rilevante della vita sociale ed economica di Cadoneghe nella seconda metà del secolo scorso: quello costituito dalla Breda, più correttamente dalle "Officine e Fonderie Ing. Giovanni Breda". Ma quando si è messo a raccogliere notizie e ricordi, Albino Bellon ha incontrato il prima e il dopo della Breda. La coscienza politica degli operai della Breda, ad esempio, non si spiega se non con l'attività sindacale alle officine Oblach. E la partecipazione attiva delle donne alla lotta per il lavoro nel "grande sciopero" del 1958 alla Breda per molte di loro era stata "preparata" dall'esperienza di lavoratrici-bambine alla Tintoria di Vigodarzere, che nonostante il nome era a Cadoneghe, più precisamente sempre lì, alla confluenza del Muson nel Brenta.
Inevitabilmente la storia di un'impresa è diventata la storia di altre imprese, prima e dopo la Breda, appunto. Anzi è diventata la storia del lavoro a Cadoneghe. Ne emerge chiaramente che tutti sono stati protagonisti: operai e imprenditori, collaborando o lottando, mai solitari. Probabilmente perché non ha conosciuto grandi proprietari terrieri e non è stato un comune di bracciantato agricolo, Cadoneghe non è stato un "comune industriale", nel senso che la sua vita non è dipesa dai "padroni". Qui ciascuno ha sentito il posto di lavoro come "suo": un diritto prima che una concessione o un'elemosina; certo nel riconoscimento dei ruoli. Da questa "filosofia" hanno preso origine i molti artigiani che dall'immediato dopoguerra caratterizzano Cadoneghe; da questo spirito del lavoro sono nate imprese oggi mondiali, come la Griggio e la Parpas. Dalla stessa filosofia ha preso origine la veloce trasformazione della società di Cadoneghe, con gli operai che hanno investito sulla loro famiglia: costruendo per essa una casa (non solo con i soldi ma anche con le loro braccia) e mandando a studiare molti dei loro figli: in questo modo centinaia di lavoratori dipendenti sono stati imprenditori del proprio destino e di quello dei loro ragazzi.
Nel momento in cui tutti questi imprenditori di se stessi facevano le loro scelte, non pensavano certo di esprimere una "filosofia". Vivevano secondo lo spirito di Cadoneghe, lo spirito di gente industriosa. Albino Bellon fa parte integrante di questa industriosa Cadoneghe; neppure lui, quindi, in questo libro fa della "filosofia". Con l'attitudine del maestro di scuola e con la partecipazione dell'amministratore comunale, Bellon racconta i fatti, spiega gli antefatti, interroga i testimoni, commenta i risultati. Non dà mai il… voto, cioè non giudica. Se ne fa piuttosto carico, come chi vi ha comunque partecipato, e non per nostalgia, ma per far sentire tutta la contemporaneità dei fatti e dei testimoni.
È questa una caratterista costante dei libri che Albino Bellon ha scritto per il suo Comune. In Prima di Cadoneghe l'accostamento tra il passato remoto ed il presente è finalizzato all'immaginazione: inserendo in uno scenario contemporaneo personaggi lontani, li rende meno astratti. Con I due secoli di Cadoneghe il rapporto passato-presente è uno strumento di continuità, è finalizzato a creare una coscienza di comunità in anni in cui estesi insediamenti di nuove famiglie e nuovi valori potrebbero far credere che è possibile vivere in un territorio senza avere in esso le radici.
In questo terzo volume il senso della contemporaneità è partecipazione alla vita di molti di coloro che abitano a Cadoneghe. Per uno storico ciò comporta dei rischi: rende più difficile l'inquadramento definitivo di alcune vicende, mentre per altre - fortunatamente - non c'è la parola "fine"; il rispetto della verità è almeno uguale al rispetto delle persone, o della memoria che esse alimentano nei familiari e nei compagni. Albino Bellon ha accettato questi rischi con piena consapevolezza. Ne rende consapevoli anche i suoi concittadini, avendo scelto come essenziale fonte del suo racconto storico le testimonianze di coloro che lo hanno vissuto.
In questa decisione c'è anche una finalità non storiografica ma comunitaria: egli porta le generazioni che sono state protagoniste a Cadoneghe tra gli anni Quaranta e gli anni Settanta a ritrovare se stesse, a consolidarsi nella convinzione - ora che sono ormai anziane e sempre più ridotte di componenti - che davvero Cadoneghe è cambiata con il loro lavoro, con il loro spirito del lavoro.
Ciò spinge le generazioni successive, quelle che sono protagoniste a partire dagli anni Ottanta e che oggi sono adulte, a non dare per scontato tutto quello che c'è nelle loro famiglie e nel loro Comune; a considerare degno di essere raccontato alla generazione che fra poco le sostituirà quello che hanno visto, sentito, vissuto da giovani.
Lo scrivo innanzi tutto per me; anch'io sono fra questi adulti. Nominare la Breda è ritrovarmi con gli occhi che avevo nel 1958, gli occhi di un ragazzo che prendeva la "filovia" che dalla Castagnara portava in via Risorgimento a Padova. Quegli occhi vedono attraverso il finestrino il tratto di strada dal capolinea al ponte sul Muson al ponte sul Brenta presidiato dalla Celere, con donne e uomini che protestano, che temono, che si oppongono. Andavo alla scuola media Mameli di Padova. Non eravamo in molti allora ad andare a scuola a Padova e non era sicuro che potessi continuare: tra gli operai licenziati dalla Breda c'era anche mio papà. Per questo quegli occhi di ragazzo non si sono mai chiusi e tanti anni dopo, ai primi di aprile del 1994, appena eletto senatore, il mio primo atto è stato l'incontro con i lavoratori della Grosoli, che stavano vivendo un'agonia che avevo vista con gli occhi di ragazzo.
Ci sono tutte e due queste aziende, la Breda e la Grosoli, in questo libro di storia locale che, pur essendo costruito soprattutto sulle testimonianze, è tuttavia ancor meno "locale" dei due precedenti libri di Albino Bellon: quanto vi è documentato serve infatti ad aggiungere molti elementi per quel mosaico più ampio che forma lo sviluppo della provincia di Padova e del Veneto nella seconda metà del secolo scorso; sviluppo originale a livello europeo, nel quale hanno giocato un ruolo decisivo proprio l'industriosità familiare, lo spirito del lavoro, la voglia di indipendenza, la capacità di cogliere le opportunità.
Poiché tutti questi elementi nel libro di Bellon non sono teorie ma hanno nomi e volti di persone conosciute, sono all'origine del loro successo o delle loro sconfitte, questa storia servirà al futuro di Cadoneghe. Il Comune vive oggi un tempo di opportunità. La nuova industriosa Cadoneghe è affidata alla generazione dei trentenni, donne e uomini. A loro, conoscere come sono state vissute le opportunità del passato, darà il coraggio di cogliere le presenti, di dare ad esse il proprio nome.

VAI ALLA PAGINA PRECEDENTE | STAMPA LA PAGINA | VAI A INIZIO PAGINA

4 gennaio 2002
ca-004
home page
scrivi al senatore
Tino Bedin